Il lungo tira e molla sul decreto Genova sembra essere finalmente giunto a una conclusione, dopo che il documento, giovedì, ha ricevuto la bollinatura da parte della Ragioneria dello Stato. Il testo, tuttavia, ha suscitato non poche perplessità, soprattutto per quanto riguarda la parte legata alle coperture economiche. Nel decreto, inoltre, il Ministero delle Infrastrutture ha congelato i fondi destinati al quinto lotto del Terzo Valico, in attesa dei risultati dell’analisi costi-benefici. Intanto il tessuto sociale ed economico del capoluogo ligure continua a vivere momenti di incertezza per il proprio futuro. Ne abbiamo parlato con Giovanni Mondini, presidente degli industriali di Genova.
Presidente Mondini, il decreto per Genova ha finalmente ricevuto la bollinatura. Ad oggi qual è lo stato della città e quali sono le ripercussioni che potrebbe avere da questo protrarsi dei tempi?
La situazione contingente ci dice che Genova per almeno un anno e mezzo vivrà in una situazione di crisi, con una viabilità ridotta e il rischio di perdere una parte del nostro traffico portuale. Per il futuro, poi, dovremmo dare delle garanzie a tutti gli operatori esterni che lavoro con la città e il suo porto. Se fossimo in grado di dare delle tempistiche abbastanza certe sul rilancio, sono sicuro che gli operatori ci aspetterebbero. Ma ad oggi, visto lo stato delle cose, non siamo nelle condizioni di poter dare delle rassicurazioni.
Come valuta il contenuto del decreto?
Le mie preoccupazioni sono legate soprattutto ai poteri del commissario. Nel decreto c’è scritto che, qualora Autostrade non finanziasse in anticipo i fondi per la ricostruzione del ponte, il commissario dovrebbe andare a cercarli presso altri soggetti, pubblici o privati. In altre parole, vuol dire che le risorse per la riedificazione del ponte potrebbero non esserci.
Secondo lei c’è un nesso con i ritardi del decreto?
La materia è certamente complessa e non sono pensabili soluzioni facili e veloci. Tuttavia, nella prima bozza del decreto erano previste molte più risorse per una platea più ampia, rispetto all’ultima stesura. All’inizio, per esempio, erano stati stanziati dei fondi statali per tutte le imprese che avessero subito dei danni dal crollo del ponte, anche in modo indiretto. Ora, invece, questi aiuti sono circoscritti solo alle aziende della zona rossa. Credo dunque che il rallentamento sia dovuto ad aspetti di natura economica.
Se le soluzioni prospettate dal governo non dovessero soddisfarvi, cosa farete?
C’è una grande attenzione di tutte le componenti e le parti sociali della città allo svolgimento della vicenda. Se la situazione lo dovesse richiedere noi come industriali, e credo insieme anche ad altra rappresentanze, saremo pronti a scendere in piazza.
Ci sono delle profonde differenze tra la visione leghista e pentastellata sul tema delle infrastrutture. Questo la preoccupa?
Certamente la linea del governo sulle infrastrutture, soprattutto nella componente dei Cinque Stelle, lascia diverse perplessità. Se c’è una lezione che possiamo trarre dal dramma di Genova è che le infrastrutture sono indispensabili. Il nostro auspico è che le decisioni di questa maggioranza, frutto sicuramente di un lavoro di sintesi e di mediazione, siano prese per il bene della città e del paese.
A questo proposito, si parla anche del congelamento dei fondi per la realizzazione del Terzo Valico. Qual è la situazione al momento?
Sul Terzo Valico ci troviamo con i quattro lotti già avviati, e il primo dei quali a buon punto. Per quanto riguarda il quinto lotto, sono state espletate tutte le procedure burocratiche, e il Ministero delle Infrastrutture ha momentaneamente congelato, fino a fine ottobre, i 790 milioni che servono per l’avvio dei lavori, per portare a prima a termine l’analisi costi benefici.
Questa decisione vi preoccupa?
Sicuramente non contribuisce ad alimentare il clima di fiducia della città e del territorio. Tuttavia, ritengo impensabile che si possa arrivare a una decisione che blocchi del tutto i lavori. Stiamo parlando di un’opera per la quale sono già stati spesi più di 2 miliardi di euro. Nell’entroterra ligure ci sono cantieri e gallerie in stato di avanzamento. Uno stop totale vorrebbe dire spese ulteriori per la bonifica, senza contare le ripercussioni sul tessuto economico-produttivo.