Corriere della Sera, lunedì 29 ottobre. Paolo Mieli scrive un fondo dal titolo “Ma cosa c’entra il fascismo?” nel quale definisce sbagliate, fuorvianti e pericolose le evocazioni facilone e ossessive del passato regime: agitando il fantasma della dittatura, una costante, a suo dire, dal 1947 ad oggi, non si riescono a comprendere le specificità dei nuovi movimenti. Nella stessa pagina lo scrittore Paolo Giordano racconta di aver visto, in bella mostra all’interno di un’edicola alla stazione Termini, un calendario del duce e, sgomento, denuncia “l’oscena imparzialità” di chi vende un tale “abominio”. Nella pagina accanto Pierluigi Battista, commentando un precedente articolo di Claudio Magris su Ezra Pound e l’appropriazione indebita del poeta da parte di Casapound, rimarca che l’autore dei “Canti pisani” fu un fascista “vero, convinto, tenace” e che per le sue idee fu trattato come una bestia, rinchiuso prima in una gabbia all’aperto e poi in un manicomio.
Diversi punti di vista, una varietà di opinioni degna del grande giornale che ebbe tra i propri direttori quel Luigi Albertini che, dopo aver sostenuto l’Aventino e la rivolta morale contro l’omicidio Matteotti, venne costretto a dimettersi. Ma ecco che nelle cronache dello stesso quotidiano spiccano due foto dei nuovi squadristi che il giorno prima, 28 ottobre, a Predappio hanno celebrato il 96° anniversario della marcia su Roma: braccia tese e magliette nere con la scritta “Auschwitzland”, i campi di concentramento considerati come un parco giochi. Da rabbrividire.
Dall’altra parte dell’oceano, a Pittsburgh, un americano di 46 anni, razzista e seguace dell’ultra destra suprematista, è entrato in una sinagoga imbracciando un fucile automatico e ha ucciso undici persone gridando “Voi ebrei dovete morire tutti”. Il fiume carsico dell’antisemitismo irrompe in superficie con sempre maggiore violenza.
Certo, ha ragione Mieli, non ha senso evocare sempre le camicie nere. E non si può fare di ogni erba un Fascio ….. Ma la mala pianta dell’intolleranza, della violenza, dell’odio è difficile da estirpare. Il vento della nuova restaurazione spira furioso. Anche l’allegro Brasile ha deciso di affidarsi al fosco Jair Bolsonaro. Chi soffia sul fuoco dell’insicurezza e dell’egoismo vince. Come ha scritto Roger Cohen sul New York Times “grandi bugie generano grandi paure che generano grandi desideri di grandi uomini forti”.
E’ quello che Umberto Eco chiamava il fascismo eterno e che i professionisti dell’antifascismo con la loro superficiale retorica hanno finito per alimentare. Le radici sono profonde, hanno a che fare con la paura cosmica teorizzata dal filosofo russo Michail Bachtin, con la frustrazione dell’inconscio analizzata da Wilhelm Reich, con i rapporti economici studiati da Karl Marx, con il tormento umano descritto da Fëdor Dostoevskij, con la banalità del male additata da Hannah Arendt. Qui non si tratta di ricorsi storici o di nostalgia del Ventennio ma del senso stesso del vivere in comune.
Marco Cianca