“I problemi di crescita dell’economia italiana non si risolvono aumentando la spesa pubblica. Il divario di crescita tra l’Italia e il resto dell’area euro è un problema strutturale che non può essere risolto con politiche di stabilizzazione monetaria e un’espansione del bilancio pubblico”. A dirlo è il governtaore della Banca d’Italia Ignazio Visco durante la Giornata Mondiale del Risparmio.
“La sua causa principale – ha aggiunto il governatore – è la bassa produttività delle imprese, che hanno risposto con ritardo al drastico cambiamento tecnologico avviatosi un quarto di secolo fa: in questo periodo le imprese italiane hanno innovato in misura generalmente insufficiente e sono cresciute poco”.
Per Visco la crescita del Pil “dovrebbe essere dell’ordine dell’1% quest’anno, per poi ridursi nel 2019, al netto degli effetti della manovra di bilancio di cui non sono ancora noti i dettagli”. Per il governtaore della Banca d’Italia “i sondaggi presso le imprese restano nel complesso favorevoli, ma ci sono segnali che le tensioni commerciali potrebbero portare a una revisione dei piani di investimento”.
“Anche per questo – ha continuato Visco – va evitato che si deteriorino, a causa di più alti tassi di interesse sul debito pubblico, le condizioni di finanziamento dell’economia. In un paese come il nostro dove il ritmo di crescita è già basso, da molti anni inferiore a quello del resto dell’area euro, un ulteriore rallentamento dell’attività economica sarebbe più sentito che altrove”.
Un “prolungato” e “ampio” rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato può avere “conseguenze gravi” per le famiglie, le banche e lo Stato. Il loro incremento, spiega, deprime il valore dei risparmi accumulati dalle famiglie e può determinare un peggioramento delle prospettive di crescita economica”.
“Premi elevati a copertura del rischio sovrano – ha spiegato il governatoredella Banca d’Italia – rendono più difficile il controllo della dinamica del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto. Questo rapporto tende a salire quando aumenta la differenza tra l’onere medio per interessi sul debito e il tasso di crescita nominale del prodotto. Ne risulta compromessa la capacità della politica di bilancio di contribuire alla stabilizzazione dell’economia; diventano angusti gli spazi per gli investimenti pubblici”.
“Il rialzo dei premi per il rischio sul debito pubblico – ha aggiunto Visco – produce perdite in conto capitale che peggiorano la situazione patrimoniale delle banche; incide sul costo e sulla disponibilità dei finanziamenti che gli intermediari raccolgono sul mercato e sulla loro capacità di fornire credito all’economia”.