“E’ tardi, è tardi!”, grida trafelato il Bianconiglio mentre consulta il suo grosso orologio da tasca. Corre verso un improbabile appuntamento per festeggiare un non compleanno. Alice, affascinata e incuriosita, lo insegue, infilandosi in un buco tra le radici di un grande albero, ed entra nel Paese delle Meraviglie. Il trionfo dell’assurdo ma il candido personaggio creato dal genio di Lewis Carroll può essere paragonato ad un cronista che cerca di afferrare la notizia, sempre sfuggente, e si trascina dietro tutti coloro che vogliono arrivare alla verità. Non per nulla lo svedese Stig Dagerman ha definito il giornalismo come “l’arte di arrivare troppo tardi il più in fretta possibile”.
Immagini fantastiche e romantiche che cozzano con la forza dell’antimateria contro la violenza degli insulti sputati in faccia ai professionisti dell’informazione dai dirigenti dei Cinquestelle. Luigi DI Maio e Alessandro Di Battista non hanno lesinato le simpatiche definizioni: infimi sciacalli, pennivendoli, puttane. La colpa? Aver raccontato la vicenda giudiziaria, conclusasi con un’assoluzione in primo grado, di Virginia Raggi, sindaco di Roma. La pubblica accusa aveva chiesto una condanna a dieci mesi sulla base delle prove raccolte, il giudice gli ha dato torto e, in attesa dell’appello, è partita la caccia ai giornalisti.
Le contumelie, ingiustificate e inaccettabili, accompagnate da liste di buoni e cattivi, hanno provocato sdegnate reazioni, ma hanno anche riaperto una vecchia ferita. “Giornalisti, vil razza dannata”, si continua a ripetere parafrasando Rigoletto che in realtà ce l’aveva con i cortigiani. E il Bel Ami immortalato da Guy de Maupassant resta l’icona del cinismo senza scrupoli. Servi dei potenti pronti sempre, per dirla con Leo Longanesi, a salire sul carro dei vincitori. Il quarto potere considerato non cane da guardia dei cittadini ma prono servitore del signorotto di turno. E ora, nella logica populista che uno vale uno, che le competenze non hanno peso, che tutti possono essere giornalisti, che su Internet si trova ogni informazione, che i tecnici non eletti dovrebbero stare zitti, vengono negati i fondamenti stessi di questa professione nata e cresciuta con la libertà e la democrazia.
Quando Roberto Spada ha preso a testate l’insistente Daniele Piervincenzi pensava di difendersi da un’indebita intrusione nei suoi loschi affari. Ma non è certo l’unico ad essere convinto che i giornalisti siano dei rompiscatole che si impicciano dei fatti altrui. E non è grande, come sarebbe necessario, l’indignazione per i giornalisti arrestati o uccisi in tante parti del mondo, dalla Russia all’Ungheria, dalla Cina alla Thailandia, dalla Turchia all’Arabia Saudita. Senza dimenticare Donald Trump, che commina l’ostracismo ad un reporter della Cnn perché faceva domande scomode. Ogni regime reprime la libertà di stampa. Gli squadristi assaltavano le redazioni e Il fascismo trionfante sequestrava i giornali anche se si limitavano a pubblicare il decreto del precedente sequestro.
Giornalisti coraggiosi e giornalisti pavidi, giornalisti corrivi e giornalisti irriducibili, giornalisti fannulloni e giornalisti sempre in azione, giornalisti da salotto e giornalisti da battaglia, giornalisti di regime e giornalisti minacciati, giornalisti che concionano nei talk show e giornalisti sfruttati, giornalisti ignoranti e giornalisti di rara cultura, giornalisti vanesi e giornalisti schivi, giornalisti presuntuosi e giornalisti umili, giornalisti che fanno politica e giornalisti che non concedono sconti ai politici. Vizi e virtù di una categoria umana, molto umana. Forse, per lavarne l’onore dagli insulti di Grillo&Company, bisognerebbe reintrodurre il duello, al primo sangue, ovviamente, anzi al primo graffietto. All’alba, dietro il convento dei Carmelitani Scalzi. Intanto, tutti di corsa dietro la presunta notizia. E’ tardi, è tardi!
Marco Cianca