La vicenda tragicomica del Ministro Luigi Di Maio, che dell’onestà della sua famiglia sbandierata in numerose uscite pubbliche ha fatto un emblema, riserva ogni giorno una sorpresa. E come in una soap opera ogni volta va in scena un nuovo episodio che ne infittisce la trama.
Nella prima puntata, i giornalisti Le Iene scoprono che il papà del Ministro aveva assunto un lavoratore in nero, Salvatore Pizzo, e che questi aveva intrapreso, coadiuvato dalla CGIL, un’azione legale per essere risarcito degli omessi versamenti contributivi.
Nella seconda, sempre a firma delle iene, si scopre che i lavoratori in nero erano tre e che tale trattamento, invece, non veniva riservato al Ministro il quale era regolarmente assunto anche se per brevi periodi lavorativi svolti nella stessa azienda del padre.
Nel terzo episodio, il quotidiano Il Giornale introduce, con un vero colpo di scena e con tanto di rilievo fotografico, il nuovo tema degli abusi edilizi del padre, perpetrati in un terreno di proprietà della famiglia ora sottoposto a sequestro, a seguito di solerte ispezione degli uffici di vigilanza preposti.
Nella quarta puntata un altro giornale, molto vicino ai 5 stelle, il fatto quotidiano scopre che il futuro Ministro del lavoro affettuosamente chiamato Gigino dagli intervistati aveva lavorato in nero (questa volta pare di sì) dal 2011 al 2012 presso la pizzeria La Dalila del suo paese e che per tale esercizio, sempre in nero, aveva creato, con piena soddisfazione delle parti, il sito web.
La quinta rivelazione, questa volta a firma dell’Espresso, smonta il teorema che tutte le responsabilità della mala gestione dell’azienda familiare fossero da addebitare al padre con cui il Vicepremier aveva avuto un rapporto burrascoso per diversi anni.
Dalle visure catastati emergerebbe che in realtà la ditta denominata Ardima srl non è di proprietà del padre, che quindi esce dalla soap-opera, ma della madre Prof. Paolina Esposito e qui la vicenda si complica.
La Signora Esposito è infatti un dirigente scolastico che, in qualità di pubblico dipendente, non poteva a norma L’articolo 60 del Decreto del Presidente della Repubblica del marzo 1957 e l’articolo 53 del testo unico del pubblico impiego (decreto legislativo 29 del 1993) svolgere alcuna attività valendo per lei un regime di totale incompatibilità.
Il Ministro Di Maio è riuscito finora a dimostrare la sua estraneità alla vicenda in quanto è subentrato nella proprietà della ditta Ardima insieme alla sorella con una quota del 50% ciascuno, nel 2012, e quindi in un’epoca successiva a quella dei presunti lavori in nero.
Un’azienda, si badi bene, che rispetto a quella intestata alla mamma sempre a detta dell’Espresso “non ha lo stesso nome, ma ha praticamente lo stesso oggetto sociale, cioè si occupa delle stesse attività della Ardima costruzioni intestata a mamma Esposito. A giugno 2014 la Ardima Srl, quella del vicepremier e della sorella, acquisisce la ditta della madre, che cede un patrimonio di 80.200 euro ai figli, facendo quindi salire il valore complessivo del capitale sociale della nuova Ardima a 100.200 euro”.
Quello dunque che rende lacunoso e reticente il racconto del Ministro adottato a sua difesa è la mancata segnalazione che il papà, a cui per anni non aveva rivolto parola e che comunque era degno della sua stima pubblica, non svolgeva alcun ruolo nella vicenda, non essendo lui il titolare dell’azienda che avrebbe commesso delle irregolarità. Il ministro dunque avrebbe dovuto dire, per rispetto del padre e della verità, che se qualcuno aveva sbagliato questo non era l’incolpevole Antonio Di Maio
Perché, al contrario, Luigi Di Maio, il cui motto ispiratore è sempre stato “onestà, onestà” non ha informato la pubblica opinione di questo? Forse per distrazione, per ritenuta insussistenza della precisazione o per non mettere in difficoltà la mamma, rendendo palese il suo comportamento infedele in quanto non conforme agli obblighi che un dipendente pubblico deve rispettare?
Come si vede non si vuole in questo caso addebitare ai figli gli sbagli veri o presunti della madre (eccezione della regola che vede come esclusivo colpevole il padre) ma si vuole segnalare una mancanza di trasparenza da parte dell’On Di Maio. Il Ministro infatti molto scaltramente si limita a rispondere solo alle domande che i giornalisti delle iene gli rivolgono di volta in volta, evitando nel modo più assoluto di fare piena chiarezza sull’intera vicenda.
Una vicenda che in realtà non è affatto una soap opera, ma la dimostrazione amara e scanzonata che nel nostro paese le vecchie abitudini non cambiano mai. Ci si erge a moralisti a impietosi fustigatori dei costumi altrui ma si evita nel modo più assoluto di mettere in piazza le magagne della propria famiglia seguendo l’antico precetto che i panni sporchi si lavano in famiglia
Che farà questa volta il Ministro troverà altre giustificazioni a sua discolpa o avrà il buon gusto di fare quello che a gran voce ha chiesto molte volte ai suoi avversari politici per fatti talvolta risultati totalmente infondati? Non pensa Egli che per non danneggiare il suo Movimento e la credibilità del governo sarebbe opportuno un suo passo indietro?
Per saperlo ovviamente aspettiamo la prossima puntata, sperando che sia l’ultima e che dopo questa la programmazione ci offra qualcosa di meglio.
Roberto Polillo