Assolavoro, l’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro e i sindacati di categoria, Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uil.Temp hanno sottoscritto l’ipotesi di accordo per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di settore. L’intesa giunge a conclusione di un articolato percorso negoziale – l’ultimo Ccnl di settore è datato 27 febbraio 2014 ed è scaduto il 31 dicembre 2016 – reso particolarmente complesso da un contesto di riferimento estremamente mutevole nei sui assunti sia macroeconomici che normativi e soprattutto dalle “novità deleterie” per le agenzie di somministrazione peraltro già segnalate come nocive nel corso delle audizioni per il decreto poi entrato in vigore. Tra le disposizioni più rilevanti del nuovo accordo, valido fino al 2021, figurano quelle che superano alcuni rischi derivanti dalla Circolare del Ministero del Lavoro n.17/2018, relativa al cosiddetto Decreto Dignità.
La Circolare, infatti, includendo nel computo dei 24 mesi alla successione di contratti a termine intercorsi tra le medesime Parti tutti i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione anche antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma, determinava nell’immediato rischi in capo a una platea assai vasta di lavoratori.
Secondo le rilevazioni di Assolavoro, in particolare, sono risultate essere non meno di 53mila le persone che a gennaio 2019, raggiunti i 24 mesi di lavoro con la medesima Agenzia, non sarebbero potute più essere impiegate con un contratto di somministrazione a termine per via della indicazione contenuta nella citata Circolare del Ministero del Lavoro.Su questo fronte interviene ora l’Accordo Assolavoro – sindacati del 21 dicembre 2018, che dispone che tutti i periodi di lavoro a tempo determinato contrattualizzati tra le medesime Parti (ApL e lavoratore) sono conteggiati, ai soli fini del computo dell’anzianità lavorativa antecedente al 1° gennaio 2019, per un massimo di 12 mesi nell’arco temporale di 5 anni. Ne consegue che qualunque sia il numero di mesi di impiego con contratti di lavoro in somministrazione con la medesima Agenzia nel periodo precedente il 1°gennaio 2019, il lavoratore potrà in ogni caso essere ancora impiegato con la medesima tipologia contrattuale per almeno altri 12 mesi.
Sul medesimo fronte, ovvero le restrittive disposizioni introdotte dal Decreto Dignità e dalla Circolare Ministeriale, l’accordo aggiunge due disposizioni per favorire la continuità lavorativa in relazione sia alle proroghe, sia al limite dei 24 mesi e alla successione dei contratti a tempo determinato tra ApL e lavoratore. “Nelle ipotesi di somministrazione di lavoro con il medesimo utilizzatore – recita il testo – la durata massima è individuata dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore. In assenza di tale disciplina la durata massima della successione dei contratti è fissata in 24 mesi”. E inoltre: “Nelle ipotesi di somministrazione di lavoro su diversi utilizzatori, la successione di contratti di lavoro a tempo determinato tra Agenzia e lavoratore non può, in ogni caso, superare la durata massima complessiva di 48 mesi”.
Altre disposizioni intervengono rafforzando il welfare di settore e la formazione, con il cosiddetto “diritto mirato a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale” e con una disciplina puntuale dell’apprendistato tramite Agenzia per il Lavoro, rilanciando uno strumento, il Monte Ore Garantito – MOG – fortemente innovativo e più tutelante nei settori più esposti alla frammentazione contrattuale; prevedendo incentivi e premialità per i contratti di lunga durata: mille euro se almeno di dodici mesi. Per quei lavoratori disoccupati da almeno 45 giorni e precedentemente assunti dalle Agenzie con contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione pari ad almeno 90 giornate nell’arco degli ultimi 12 mesi viene inoltre riconosciuto un sostegno al reddito una tantum di 780 euro, che sale a mille euro se le giornate di lavoro arrivano a 110.
L’intesa, naturalmente, non interviene sulla quantificazione della retribuzione; la legge, infatti, prevede che i lavoratori in somministrazione (oltre 700mila persone nel 2017) hanno gli stessi diritti, le stesse tutele e la stessa retribuzione del lavoratore alle dirette dipendenze dell’azienda presso cui prestano la propria attività. L’intesa smantella e contrasta la norma della legge 96/2018 che sta dimostrando tutte le lacune peraltro già individuate dalle parti sociali ma che non sono state tenute in considerazione dal Governo e che stanno creando problemi a livello occupazionale.
Alessandra Servidori