La CGIL attrae sempre meno medici, ma questo non sembra preoccupare più di tanto il più grande sindacato italiano. Un errore di valutazione perché, aldilà dei numeri, irrilevanti rispetto al complesso degli iscritti, il calo di consensi tra i medici è la dimostrazione che il sindacato non riesce più ad esprimere un pensiero egemonico sulla sanità e soprattutto non ha una politica soddisfacente in tema di risorse umane e professionali.
I medici dunque si rivolgono sempre di più alle sigle sindacali autonome e abbandonano la confederazione come ci dicono anche gli ultimi dati diffusi dall’ARAN in tema di rappresentatività del pubblico impiego. Tra i medici dipendenti dal SSN, infatti, la CGIL ha perso poco meno di 1000 deleghe, con una riduzione percentuale del 13%, che si assommano alle altre 4000, ben maggiori dunque, perse tra gli infermieri
Tengono invece gli altri sindacati medici diretti competitor della CGIL come Anaao e Cimo. La prima sigla si conferma come il sindacato più rappresentativo, pur registrando un piccolo calo del 2% ( meno 337 deleghe) mentre la seconda conserva la seconda posizione registrando un significativo incremento dell’3 % ( più 237 deleghe)
Perché dunque la CGIL medici non cresce, ma al contrario perde iscritti mentre si rafforzano gli autonomi? Perché il sindacato non riesce ad essere attrattivo anche in presenza di condizioni di grave disagio per la categoria e il blocco decennale del rinnovo contrattuale?
Rispondere a tali questioni non è certo impresa facile. Certo il contesto generale non è favorevole alla sinistra a cui si la CGIL si richiama ancora con forza. Tra i medici sono aumentati a dismisura i fan di Salvini e quelli che prima guardavano a sinistra ora voltano lo sguardo verso i 5 stelle. Perché mai costoro dovrebbero iscriversi a un sindacato che, Lega e Movimento 5 stelle, per ragioni diverse, hanno fatto bersaglio di critiche feroci e di minacce nemmeno tanto larvate?
Perché mai iscriversi alla CGIL se esistono due sindacati uno tendenzialmente di sinistra (l’ANAAO) e l’altro tendenzialmente di destra (la CIMO), che si sono saputi rinnovare portando avanti battaglie di tutela dei diritti dei propri associati, ampliando l’offerta dei servizi (consulenze, pacchetti formativi, polizze assicurative) e schierandosi apertamente a difesa del servizio sanitario pubblico?
Fattori esterni alla categoria che sicuramente hanno inciso, ma questo non è ancora sufficiente a spiegare la disaffezione di medici Il vero problema è interno alla stessa CGIL ed è la totale mancanza di una politica credibile per i medici:
- perché ignora o ritiene inessenziali i veri bisogni della professione,
- perché è orientata a tutelare il mondo delle professioni sanitarie (in primis gli infermieri oggi in conflitto di competenze con i medici)
- perché non ha elaborato nessun piano d’azione per risolvere i crescenti problemi che stritolano la categoria
- perché oggi è assente dai luoghi di lavoro e non comunica con gli iscritti come invece fanno gli altri
Cosa servirebbe allora per invertire questa tendenza? In primis il riconoscimento di una reale agibilità politica della categoria, oggi schiacciata dal peso della Funzione Pubblica e dal ruolo in essa esercitato dal comparto. E subito dopo una rinnovata presenza a livello regionale e nei luoghi di lavoro, selezionando, dove possibile, una nuova classe di quadri.
Poi servirebbe un investimento organizzativo, offrendo migliori tutele legali (oggi estremamente carenti), soluzioni assicurative per il crescente contenzioso risarcitorio e piani formativi specifici per colmare l’obbligo formativo. A questo si dovrebbe poi aggiungere un modo totalmente nuovo di comunicare con gli iscritti informandoli tempestivamente e offrendo loro un luogo dove potersi confrontare
La CGIL dovrebbe infine, ma non per ultimo, ritrovare interesse per la ricerca. Istituire commissioni di studio volte alla integrazione dei professionisti e alla condivisone dei diversi saperi, recuperare quella dimensione di analisi della società che era una componente essenziale del suo agire politico specie in campo sociosanitario.
Queste pratiche sono state progressivamente abbandonate e dell’importante patrimonio culturale accumulato a partire dagli anni ‘70 e ‘80 poco è rimasto. Eppure, nel passato la CGIL è stata l’ideatrice di modelli assitenziali importanti e tra questi la casa della salute, oggi adottata nella maggioranza delle regioni italiane
Questo è il punto in cui si trova ora il sindacato. Un punto di caduta che lo può rendere una componenete inessenziale del mondo medico con conseguenze per tutti; gli operatori ma anche gli utenti. Non è più tempo di attesa. Su questo punto urge ora quella riflessione finora mancata perché erroneamente ritenuta inessenziale, fuorviante e corporativa.
Roberto Polillo