I primi due appuntamenti di Maurizio Landini come segretario della Cgil sono, nell’ordine: una serata con Carla Nespolo all’Anpi e un pomeriggio al Cara di Bari, il centro richiedenti asilo che Matteo Salvini vuole chiudere. La frase più applaudita del suo applauditissimo discorso della corona del resto è stata questa: ‘’la resistenza contro il fascismo non è finita, dobbiamo continuare, tutti assieme’’. Seguita dall’annuncio di una strategia politica che sarà di totale contrapposizione nei confronti del governo: ‘’noi vogliamo cambiare il paese: siamo noi il cambiamento, non questo governo, non Salvini, la Lega, che ci riportano indietro’’.
Se qualcuno temeva che una Cgil a guida Landini sarebbe stata forse un po’ più soft nei confronti di un esecutivo che, come è noto, gode dell’appoggio e del voto di buona parte dei tesserati di corso Italia, a giudicare dal primo discorso del leader era un timore sbagliato: “Dobbiamo rendere evidente e chiaro – sottolinea Landini- che in questo paese c’è una maggioranza vera che vuole cambiare le cose e le vuole cambiare nella direzione della giustizia sociale e del lavoro. Questo deve essere il messaggio che noi mandiamo a tutti e anche alle forze politiche nella nostra autonomia, perché il vero punto critico di questa fase è che non solo in Italia, ma in tutta Europa, si è rotto il rapporto tra il mondo del lavoro e la rappresentanza politica”.
Anche se non si può non notare che, pur avendo più volte attaccato durissimamente sia la Lega che Salvini, mai nemmeno una volta Landini ha citato il Movimento 5 Stelle, che pure con Salvini e la Lega condivide ogni responsabilità di governo: dal famoso “contratto” che lo stesso segretario Cgil critica come prova di scarsa democrazia, poiché priva il parlamento di ruolo e peso riducendolo a ‘’passacarte’’, alla manovra economica che lo stesso Landini boccia come catastrofica, perché indebita il nostro paese ‘’a livelli che nessun governo prima d’ora aveva raggiunto’’, fino alla gestione folle e disumana dei migranti. L’unica battuta che li accomuna, Lega e 5 stelle, e’ quando Landini afferma: “abbiamo due vicepremier che parlano di lavoro e poverta’ senza aver mai lavorato ne’ essere mai stati poveri”.
Sta di fatto che oggi, applaudito a ogni respiro dalla platea del congresso, Maurizio Landini si propone come il leader di una opposizione che, a differenza della flebile sinistra politica, sa come infiammare teste e cuori. Una opposizione che, sempre a differenza di quella politica, può anche contare su un patrimonio di milioni di persone, cinque milioni di tesserati, per la precisione, come vanta orgogliosamente Landini, che hanno, è vero, votato anche i partiti sovranisti, ma non hanno dismesso la tessera CGIL, né la richiesta, alla CGIL, di rappresentarli e difenderne i diritti. E proprio cercare di ricomporre questa dicotomia sarà la prima sfida che affronterà Landini: molto concretamente, già tra due settimane, il 9 febbraio, quando in una piazza di Roma sarà chiamato a raccolta, contro il governo, il popolo che si riconosce nei tre sindacati, ma che in buona parte è lo stesso popolo che, meno di un anno fa, aveva votato convinto proprio i partiti di questo governo. ‘’Chiedo a ciascuno di voi di impegnarvi per portare a Roma almeno dieci persone a testa’’, dice infatti rivolto alla platea gremita, ‘’dobbiamo riempire quella piazza’’
“E’ sotto gli occhi di tutti che anche tanti nostri iscritti hanno votato per le forze politiche che oggi sono al governo – dice Landini- ma sono ancora nostri iscritti, e noi dobbiamo continuare a rappresentare tutte le persone nel merito dei problemi. Le forze politiche che oggi governano “hanno sicuramente il consenso degli italiani”, ammette Landini, ma c’e’ anche una parte consistente di astensione, gente che non è andata a votare. Il problema è che “chi non è d’accordo con quello che sta facendo il governo rischia di non avere luoghi dove poter esprimere la sua idea, dove portare una sua partecipazione diretta”.
La Cgil in pratica si candida a fornire questo ‘’luogo’’ di aggregazione? Sicuramente, sotto la guida del nuovo segretario, si propone di allargare il suo raggio di azione anche ‘’fuori’’ dai luoghi di lavoro, diventando un ‘’sindacato di strada’’: ”Nonostante la situazione difficile di questi anni duri, siamo ancora un riferimento per le persone che vedono in noi una speranza di cambiamento. Proviamo a lanciare il sindacato di strada in modo che non sia più, nei prossimi anni, un’iniziativa di una sola categoria o del territorio, ma coinvolga tutti noi in tutto il paese, in tutti i luoghi dove sono le nostre camere del Lavoro. La nostra azione deve tornare ad essere quella delle camere del Lavoro di fine dell’800, alle quali si rivolgevano tutte le persone che non sapevano né leggere, né scrivere”.
Quindi un bilancio del congresso: “abbiamo difeso la nostra idea di democrazia delegata e partecipata. C’è un’organizzazione con oltre cinque milioni di iscritti, siamo così perché i delegati e le delegate ogni giorno nei luoghi di lavoro ci mettono la faccia, senza di loro non saremmo niente. Questo è il nostro valore aggiunto. Questa è la democrazia, che non c’entra niente col populismo”.
Nunzia Penelope