Nella politica della post-modernità la declinazione del tempo è solo il presente. Dell’adesso e delle sue relazioni col prima, del conseguente che rimanda all’antecedente non c’è più traccia, né necessità.
La dimensione del presente è il piatto simultaneo e l’”evento” sussume in sé teoria e prassi, coerenza ai principi e tatticismo spregiudicato.
Il quadro che emerge è sconsolante, perché la politica senza memoria è un effetto privo di causa, un agire senza emozioni.
E così il caso della Sea Watch su cui restano relegati in stato di grande sofferenza 47 migranti, di cui molti minori, è l’emblema della nostra condizione politica e (purtroppo) umana al contempo
Il governo continua a mostrare la sua feroce risolutezza in una gara tra Salvini e Di Maio, gli amici –nemici alla guida del paese a cui ieri si è aggiunto anche l’avvocato del popolo nelle vesti di premier, il presidente del Consiglio Conte.
Pur di non fare scendere i migranti ciascuno dei due vicepremier è disposto a rompere le nostre relazioni con Malta, Francia e Olanda perché cedere vorrebbe dire perdere la faccia e lasciare l’esclusiva della cattiveria all’altro
Salvini, su cui la giunta delle autorizzazioni a procedere dovrà entro breve pronunciarsi, si mostra spavaldo e rifiuta l’aiutino dei 5 stelle. Di Maio dichiara che le decisioni assunte da Salvini sono state condivise da tutto il governo, ma giura che i suoi voteranno a favore della procedibilità. E così i leghisti avvertono stizziti che in questo caso la maggioranza potrebbe sfaldarsi. Uno strano modo di essere solidali: ci si definisce corresponsabili ma non per quanto riguarda il destino giudiziario che scelte apertamente condivise comportano.
I deputati del PD (giustamente) insieme con altri salgono sulla nave per portare conforto ai migranti, senza però mostrare imbarazzo per i segni di tortura mostrati da alcuni di questi. Torture inferte loro dai libici in quei centri di reclusioni che Minniti ha largamente contribuito a rendere operativi.
Il Ministro della Salute Grillo, infine ricorda, commemorando la shoah, come il rischio che quegli eventi orribili si ripetano è sempre presente, ma non mostra alcuna umanità verso quei 47 disperati deportati sul mare.
La vicenda dunque si trascina e soluzione non c’è, perché in questa sorte di dilemma del prigioniero in cui sono invischiati i due principali contendenti, ognuno non sa più cosa fare per non avvantaggiare il proprio compare di governo. E così si cerca e si spera, finora senza riuscirci, che sia la magistratura ad assumere una decisione che liberi tutti dallo stallo.
Come trovare, dunque un senso compiuto in tutto questo? È mai possibile che la politica sia oggi ridotta a questo meschino gioco delle parti in cui la coerenza è una perdita di tempo o un fantasma del passato?
E la sinistra, di fronte a questo episodio terribile, non sente il bisogno di fare autocritica, mostrando pentimento per avere preparato quella strada che ora Salvini e Di Maio percorrono senza imbarazzo?
Questa è dunque la situazione in cui versa il paese: con la crisi è aumentata miseria e povertà e, in modo speculare, incattivimento delle masse e opportunismo politico delle élite. Dalle prime tuttavia, come già avvenuto nel passato, è sempre possibile uscire: dalle seconde sembra, oggi, quasi impossibile.
Roberto Polillo