Ci sono momenti e immagini che simboleggiano un’epoca. E l’intervento in aula della deputata Teresa Manzo spiega l’attuale situazione politica in modo esemplare. Dopo che la trasmissione di radio 1, Un giorno da pecora, ha ripescato un suo video nel quale inanella uno strafalcione dopo l’altro, è diventata lo zimbello dei social. L’hanno sbeffeggiata e derisa e questo è ingiusto e sbagliato. Ingiusto perché era chiaramente emozionata e le corbellerie che pronunciano tanti commentatori e conduttori televisivi non sono da meno. Sbagliato perché il ditino alzato degli scandalizzati chierici rafforza di converso l’acredine verso le élite presuntuose, allarga il fossato con i nuovi eletti, obnubila la capacità di lettura di quanto sta accadendo. Il confine tra competenza e passione è ormai stato oltrepassato, con l’acclamata vittoria di quest’ultima. E così una giovane di Castellammare di Stabia, diploma di istituto tenico commerciale, responsabile zonale di patronato, ha più carisma di Carlo Cottarelli.
E’ il 29 dicembre scorso e a Montecitorio si vota la fiducia alla manovra. Prende la parola Teresa Manzo per annunciare e spiegare il sì dei Cinquestelle. Intorno a lei fanno corona i compagni di partito. Volti non noti. Ai tempi della Dc sarebbero stati etichettati come peones. Sembrano usciti da un film neorealista di Rossellini, De Sica o Zavattini. Espressione di quell’Italia profonda che delusa dalla sinistra e non irretita dalla destra, almeno fino alla folgorazione lungo la via di Salvini, ha scelto il movimento. Una piccola borghesia radicalizzata convinta di poter rovesciare il mondo.
E’ quel cambiamento che invoca la deputata. Non confuta numeri, non cita ricette, non ha dubbi. Quella che hanno imboccata, assicura, è l’unica strada per risollevare l’Italia dalle macerie provocate da chi li ha preceduti. Indica con orgoglio il nuovo solco che stanno tracciando per uscire dalle politiche fallimentari e dallo scempio del passato. Altro che recessione, siamo all’alba di un nuovo miracolo economico. Lo stato torna dalla parte degli ultimi, dei più deboli, dei dimenticati. Basta con le lobby, i centri di potere e gli amici dei banchieri. “Noi rispondiamo solo alla gente comune”, quasi urla alla fine. Muove e mostra le mani per rivendicare che loro le hanno libere. Non c’é che dire, interpreta al meglio il proprio ruolo, quello stesso ruolo che però proprio il suo partito vorrebbe mandare in soffitta.
Luigi Di Maio continua a dire che intende tagliare gli stipendi dei parlamentari. Il referendum propositivo, se verrà varato, di fatto sposterà nelle mani degli elettori la potestà legislativa. Alessandro Di Battista sostiene che la democrazia rappresentativa sarà presto superata cosi come avvenne con la monarchia assoluta. Non è chiaro se basterà l’assalto alla Bastiglia o se sarà montata anche la ghigliottina. Ma il fatto è che stavolta i sanculotti sono dentro il Palazzo. La deputata, anzi la cittadina, Teresa Manzo è il simbolo di questa contraddizione. Un giorno potrebbe essere chiamata a parlare contro se stessa, motivando la necessità di abolire Camera e Senato. E siamo sicuri che, sempre in nome del popolo, lo farebbe senza tentennamenti. Figura piena di pathos, come quelle cittadine che parteciparono alla rivoluzione francese e poi ne furono inghiottite. Non perdiamola di vista, fa tenerezza.
Marco Cianca