Sta entrando nel vivo la trattativa tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil per l’attuazione del patto della fabbrica, sottoscritto dalle parti un anno fa, appena prima delle elezioni politiche. C’era stata una sospensione dei contatti, ha spiegato Maurizio Stirpe, il vicepresidente di Confindustria con la delega ai problemi sindacali, ieri alla presentazione dell’accordo che Asstel e sindacati delle Tlc hanno firmato per una contrattazione di anticipo. Una sospensione doverosa, ha spiegato, perché stava cambiando la governance della Cgil ed era giusto attendere i nuovi equilibri. Ma adesso il dialogo è ripreso, con l’intenzione di arrivare a primi accordi attuativi di quel Patto entro l’estate. Un dovere per le parti sociali, considerando, ha ricordato Stirpe, il continuo rimpallo di responsabilità, la girandola di numeri che continua vorticosa, al punto che non si capisce più quali provvedimenti siano validi, quali dannosi, e quindi come sia giusto intervenire.
Le due parti hanno già raggiunto un accordo sui temi della sicurezza nel dicembre scorso e stanno mettendo a punto delle indicazioni sul tema Europa, per fare chiarezza prima delle elezioni prossime. Adesso si sta discutendo in profondità per verificare come attuare le indicazioni del Patto della fabbrica su vari temi: formazione, professionalità, scuola, compiti dei fondi interprofessionali, specie per Fondimpresa, per il vicepresidente di Confindustria molto sottostimata.
Ma il dialogo deve servire anche a fare chiarezza sui temi della gestione del mercato del lavoro, in particolare distinguendo i due diversi obiettivi del reddito di cittadinanza, che è sostegno alla povertà, ma anche strumento per una politica attiva del lavoro: l’obiettivo è quello di offrire al governo delle indicazioni per una gestione migliore e coordinata dei diversi interventi dell’esecutivo. Un discorso ampio che deve portare, almeno nelle intenzioni dichiarate da Stirpe, a offrire dei suggerimenti al governo per fare chiarezza in merito su tutta la materia del welfare, per la quale c’è molto da discutere, soprattutto a causa del fatto che le risorse sono calanti e le prestazioni del sistema pubblico vanno migliorate.
Un altro tema che Confindustria vuole affrontare è quello della partecipazione, cui era dedicato un intero capitolo del patto della fabbrica. “Noi, ha detto Stirpe, ci crediamo e vorremmo partire regolando la partecipazione organizzativa, verificando cosa è possibile fare ed estendendo a tutto il sistema paese le buone pratiche. Una necessità, ha affermato il vicepresidente, perché c’è grande bisogno di coesione sociale dentro le aziende, perché siano più competitive e per attrarre capitali pubblici”.
Ancora, c’è il grande tema della rappresentanza che deve essere regolato. La misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, ha ricordato Stirpe, sembrava cosa fatta, il ministro Poletti diceva spesso e volentieri che il sistema era lì lì per partire, ma non era così. Per questo, ha affermato, stiamo riproponendo questo tema al governo, sperando di avere maggiore fortuna. E in questo capitolo c’è pure la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni datoriali. Confindustria afferma a chiare lettere di non avere alcuna paura a misurarsi, anzi rivendica questo traguardo. Si tratta quindi di scegliere il sistema da utilizzare. Un metodo c’è già, ha ricordato Stirpe, quello in uso nelle Camere di commercio, “ma noi, ha aggiunto, vorremmo implementarlo, per esempio tenendo conto del valore che le aziende esprimono”. Importante, ha detto è che il contratto nazionale di lavoro valga erga omnes o non serve a nulla. E se le regole contrattuali non devono valere per tutti, almeno che il sistema scelto per misurare la rappresentatività valga quando si deve scegliere chi gode delle agevolazioni decise per legge o chi partecipa agli appalti pubblici.
Ultimo tema affrontato da Stirpe, il salario minimo fissato per legge, che giusto pochi minuti prima del suo intervento il sottosegretario Claudio Durigon aveva indicato come una misura che il governo vuole a tutti costi varare. Per Confindustria una disposizione per legge non servirebbe a nulla, anzi, per usare le parole di Stirpe, “farebbe del male a tutti”. A suo avviso è molto meglio basarsi sui minimi salariali fissati dai contratti che sono cosa diversa dal trattamento economico complessivo, la somma di tutte le indicazioni di un contratto nazionale, dove naturalmente non si parla solo di salario.
Massimo Mascini