L’ultimo infortunio mortale, avvenuto qualche giorno fa in un’azienda della provincia di Monza Brianza, ci impone una riflessione ampia sul tema della sicurezza sul lavoro. Gabriele, 25 anni, schiacciato in un macchinario per la produzione di fusti, è la quattordicesima vittima caduta sul lavoro da inizio anno in Lombardia, numero che sale a ventuno se contiamo gli incidenti in itinere. Una sconfitta per tutti. Per il Sindacato, quello della salute e sicurezza è il diritto più importante da presidiare. Il lavoro è il sentiero su cui incontrare libertà, emancipazione, dignità e cittadinanza e dove mai si dovrebbe incrociare una tragedia.
Si tratta di una battaglia di civiltà che si vince certamente con più cultura: se arretra la cultura, avanza l’insicurezza e aumentano gli infortuni.
Se parliamo di cultura non si può non guardare all’attualità. Il Sindacato, nato per promuovere giustizia aggregando le persone e riequilibrando i poteri per costruire speranza e futuro, è portatore di solidarietà e costruttore di legami ed è quanto di più distante possa esistere dalla logica, che sembra aver preso piede oggi, dell’uno vale uno. Un pensiero non solo contrario al concetto di rappresentanza ma che consegna a tutti l’illusione dell’assoluta competenza, a prescindere dalle conoscenze acquisite e dai percorsi scolastici svolti, isolando le persone, rafforzando l’egoismo, logorando i legami e dissolvendo le comunità. Tutto questo si riversa nei luoghi di lavoro che sono, allo stesso tempo, parte integrante di una comunità e contenitori di altre comunità e dovrebbero, quindi, custodire solidarietà e vicinanza. L’economista Alfred Marshall diceva che “il luogo di lavoro non è semplicemente il luogo in cui certi input vengono trasformati, secondo certe regole, in output; ma è anche il luogo in cui si forma (o si trasforma) il carattere del lavoratore”. Il lavoro trasforma quindi le persone e, dunque, non è mai neutrale. Ecco spiegato perché il riscatto della società partirà dal lavoro e perché, quindi, diventa necessario ricucire i legami tra le persone partendo proprio dai luoghi di lavoro, spalancando le porte al vento della solidarietà che consente di condividere la sorte dei colleghi. Lo sfilacciamento dei legami, invece, inibisce il dovere etico e civile per cui a tutti deve interessare che il compagno di lavoro stia bene e che nella fabbrica si stia bene, passando anche dal rimproverare, e correggere, il collega che mette in atto comportamenti, o mancanze, che possono causare danni a lui e agli altri.
Le aziende devono capire, una volta per tutte, che le risorse impiegate sul capitolo salute e sicurezza sono investimenti e non, invece, costi da tagliare soprattutto nei momenti di difficoltà. È dimostrato, infatti, che le imprese che investono su questi temi sono quelle che hanno una maggior produttività e una migliore efficienza, allo stesso modo di quelle che adottano politiche di sostenibilità ambientale. È dunque una logica win win, dove si vince tutti, imprese, lavoratori e collettività e quindi è un orizzonte a cui tendere con forza e determinazione. In questo senso le nuove tecnologie possono aiutare a rendere il lavoro più sicuro, meno gravoso e più redditizio. Insomma, l’esatto contrario di quanto sta facendo il Governo che, invece di favorire gli investimenti in questo circolo virtuoso, taglia i contributi Inail cercando una scorciatoia perversa per la riduzione del cuneo fiscale alle imprese, producendo un danno alle coperture assicurative e lanciando un messaggio di arretramento culturale.
Il lavoro sicuro ha bisogno di un potenziamento delle attività di prevenzione, di percorsi formativi che partano già dalle scuole e di certezza nelle sanzioni per le imprese inadempienti, oltre che di un rafforzamento del sistema ispettivo perché è inaccettabile che, a causa delle scarse risorse, negli ultimi 10 anni solo il 5% delle 480.000 imprese lombarde sia stato oggetto di controlli.
Insomma quella per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è una sfida collettiva che si può vincere se si saprà far rete tra tutti i soggetti che, da posizioni diverse, hanno a cuore questo tema e, di riflesso, amano la responsabilità di costruire un paese più giusto.
Andrea Donegà – segretario generale Fim Cisl Lombardia