Per il prossimo 21 maggio i sindacati dei trasporti hanno indetto uno sciopero di tutto il comparto aereo. Tra i principali motivi dello stato di agitazione ci sono la mancanza di una legislazione per il sostegno di un comparto che i sindacati definiscono strategico, l’assenza di un fondo adeguato alla gestione delle crisi e le politiche attive del settore, nonché’, ovviamente, le numerose vertenze aperte, tra le quali spicca Alitalia. Di tutto questo abbiamo parlato con Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit-Cisl.
Segretario, il prossimo 21 maggio avete annunciato, assieme a Filt-Cgil, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo, lo sciopero di tutto il settore del trasporto aereo. Quali sono i motivi della mobilitazione?
Le ragioni dello sciopero unitario sono molte, e Alitalia rappresenta solo la punta dell’iceberg di tutta una serie di criticità. Il settore ha vissuto in questi anni una fase espansiva, con l’aumento dei passeggeri, e per i prossimi venti anni è prevista una crescita a doppia cifra. All’interno di questo scenario non mancano tuttavia delle contraddizioni. Abbiamo assistito alle ottime performance dei vettori stranieri, mentre la compagnia di bandiera si trova in crisi.
Quali sono i motivi?
Ci sono forti diversità all’interno del mercato tra azienda e azienda, che possono avere effetti distorsivi. È pressoché impossibile fare un raffronto tra due compagnie, visto che non dobbiamo tenere conto solo del costo del lavoro, ma anche del diverso regime fiscale e della flotta che si utilizza. Per questo abbiamo più volte ribadito l’importanza di avere una regolamentazione diversa che tenga conto di tutti questi aspetti. Altra questione, non da poco, riguarda la disparità dei contratti di lavoro.
Cosa vuol dire nello specifico?
Le compagnie straniere che operano da noi non applicano il nostro contratto di riferimento. C’è stato in merito un lungo braccio di ferro ad esempio con Ryanair, che faceva riferimento alla legislazione irlandese. Anche questo è un ulteriore elemento che deve essere tenuto in considerazione.
Fate riferimento anche alla mancanza di un fondo per il settore adeguato. Quali funzioni dovrebbe avere?
Servirebbe un fondo che non solo sia una rete di salvataggio per tutti i lavoratori coinvolti in crisi aziendali, ma che possa garantire anche le politiche attive per il rilancio dell’occupazione. Stiamo parlando di un settore nel quale le innovazioni e i cambiamenti sono all’ordine del giorno, ed è di vitale importanza riqualificare i lavoratori attraverso percorsi di formazione. Questo presuppone una sinergia costante con il mondo della ricerca.
Tra i motivi dello sciopero il sindacato ha denunciato la presenza di numerose situazioni fallimentari e di crisi. Ad oggi qual è la situazione?
Ci sono numerose vertenze e tavoli aperti. Molto spesso, vista l’articolazione del settore, non sempre siamo noi dei Trasporti a seguire le vertenze, e queste rende ancora più difficile avere un quadro generale della situazione.
Veniamo ora alla vertenza Alitalia. A che punto siamo?
Sostanzialmente in una situazione di stallo. Negli ultimi 6-7mesi la situazione non è affatto mutata. Ad oggi gli attori coinvolti sono il Mef, Ferrovie e Delta.
Vi aspettate a breve degli aggiornamenti, anche sul possibile interessamento di Atlantia?
Sinceramente no. Anche quando Ferrovie presenterà il suo piano industriale non ci aspettiamo delle sostanziali novità, visto anche la proroga al 15 giugno per la presentazione di un’offerta.
Secondo voi quali sono le priorità da affrontare per il rilancio della compagnia?
La cosa principale è avere un piano industriale con investimenti significativi, da destinare alla flotta e anche ai lavoratori. Consideri che in Alitalia il costo del lavoro è tra i più bassi, e questo fa si che molte professionalità vadano altrove. Dunque non si può ridurre ulteriormente il costo del lavoro. Nonostante tutto, Alitalia ha continuato a mettere a segno ottimi risultati.
Secondo lei a cosa è dovuta questa situazione di stallo nella trattativa?
Sicuramente si tratta di una vertenza estremamente complessa e non di facile soluzione. Ci sono poi i soliti pregiudizi secondo i quali non ha senso usare soldi pubblici per salvare Alitalia. Se questo accadesse ci ritroveremmo con migliaia di lavoratori bisognosi degli ammortizzatori sociali, finanziati sempre dalla collettività. Quello che noi ci auspichiamo è che tutti i soggetti coinvolti abbiano chiara l’idea che Alitalia è un tema che riguarda il paese intero.
Tommaso Nutarelli