Il 15 giugno scorso una delegazione della Cgil guidata da Maurizio Landini è stata ricevuta in udienza privata da Papa Francesco. Alla fine dell’incontro – a Sua Santità la Cgil ha presentato la Carta dei diritti universali del lavoro ed ha illustrato le iniziative di solidarietà in cui è impegnata – è stato diramato un comunicato che si conclude con parole scolpite sul bronzo: ‘’Nel corso dell’incontro, amichevole e cordiale, si sono stigmatizzate le ideologie della paura e della divisione e condiviso il pericolo di derive autoritarie’’.
Io non sono un attento lettore dei giornali, ma mi pare che questo evento – credo che sia la prima volta nella storia che un Papa incontra, da sola, la Cgil – non abbia avuto il risalto che avrebbe meritato. Probabilmente perché le considerazioni conclusive non sono piaciute ‘’là dove si puote ciò che si vuole’’. Basta citare la reazione (si può dire?) di Maria Giovanna Maglie, tra le più ardite sostenitrici dell’attuale governo (si può dire?): “Questo Papa lascia senza parole. Chi si crede, Pio XII al tempo di Hitler?”. Il paragone non è pertinente, poiché non risultano prese di posizioni ufficiali della Santa Sede (che alcuni anni dopo non ebbe dubbi a scomunicare i comunisti) di condanna del Nazismo e delle leggi razziali. Poi, anche nel Male Assoluto ci sono i giganti e i pigmei.
Ciò premesso, saluto con grande interesse il fatto che il Pontefice ed una grande organizzazione di lavoratori abbiano avuto il coraggio di denunciare la deriva su cui sta scivolando il Paese. A volte la mia ostilità verso questa maggioranza (che poi è espressione di un popolo da sottoporre al TSO) mi porta a momenti di delirio. Sono arrivato persino a scomodare la visione di Giovanni Paolo II – il Papa polacco – con Lech Walesa e Solidarnosc. E mi sono detto: ‘’se un Pontefice, un leader operaio e un’organizzazione sindacale improvvisata sono stati in grado di mettere in moto la valanga che ha demolito un impero che non lesinava certo le trasferte di truppe corazzate, riusciranno pure – Francesco e Landini – a mandare a ramengo questi quattro sprovveduti?’’.
In fondo sono stati loro due, nell’incontro, a stigmatizzare le ideologie correnti e ad evocare il pericolo di derive autoritarie. Non si sono limitati a ‘’pettinare le bambole’’. Se nel comunicato finale hanno voluto sottolineare questi aspetti, immagino che in privato ne abbiano discusso più diffusamente. Pronunciando nomi e cognomi. E se avessero concordato anche una strategia comune? Non voglio insistere in un delirio visionario, ma almeno devo riconoscere che Maurizio Landini costituisce per me una piacevole sorpresa. Sta ricordando a tutti gli osservatori – i quali pretendono di rinchiudere la realtà dentro le proprie convinzioni – che i giudizi sulla attitudine di un dirigente ad esercitare un ruolo nuovo ed importante, vanno dati quando lo si è visto alla prova del fuoco. Landini si sta rivelando all’altezza dei compiti assegnati. Nessun segretario, prima di lui, aveva dovuto muoversi in un contesto così complicato dove un governo sfida e provoca il sindacato sul terreno della demagogia, avendo già aperto dei varchi importanti nella sua base.
La Cgil, insieme alle altre Confederazioni, non si è lasciata irretire nella trappola di quota 100 e del reddito di cittadinanza. La stessa presa di distanza vi è stata con il salario minimo garantito, nonostante che il disegno di legge Catalfo raccolga ogni possibile istanza proveniente dal mondo sindacale tradizionale per quanto riguarda la rappresentanza, la rappresentatività e l’efficacia dei contratti. Poi ci sono le iniziative di lotta effettuate e quelle annunciate. Si può dichiarare all’infinito che il sindacato sciopera ‘’per’’ e non ‘’contro’’. La regola, però, è sempre la stessa: uno sciopero si legittima e si giustifica con la sua riuscita. In ogni caso – anche se le rivendicazioni sindacali hanno un colore rosso antico – Cgil, Cisl e Uil saranno in campo in autunno. E saranno contrarie a politiche che contrastino con la permanenza dell’Italia in Europa e nell’euro.
Giuliano Cazzola