In un inserto locale di un quotidiano sono state date notizie parziali dalla Consigliera di parità dell’Emilia-Romagna che ha resi noti i dati sulle dimissioni volontarie, che di norma vengono resi noti contestualmente a livello nazionale supportati da una analisi precisa su tutto il territorio. Questa volta l’Ispettorato Interregionale del Lavoro Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Veneto Sede di Venezia evidentemente ha dato in anteprima i dati e la Consigliera dell’Emilia-Romagna ne ha estrapolato i risultati attraverso un’ intervista. A mio parere scorretta, in quanto il Rapporto Nazionale è sempre stato divulgato dalla Sede del Ministero Nazionale e in tempi tali da avere l’opportunità di una riflessione complessiva e collegiale.
I risultati relativi alle convalide rilasciate dagli Ispettorati Territoriali alle lavoratrici madri ed ai lavoratori padri nel corso dell’anno 2018, per gli effetti dell’ art. 55 del D. Lgs. n. 151/2001, come ogni anno risultano infatti molto interessanti poiché evidenziano le risoluzioni consensuali del rapporto e la richiesta di dimissioni presentate durante il periodo di gravidanza che ovviamente, e in virtù della norma operante ,acquistano efficacia soltanto successivamente al rilascio del provvedimento da parte dell’Ispettorato e per accertare l’autenticità della volontà dimissionaria per garantire le tutele connesse alla genitorialità e contrastare eventuali abusi. E vanno studiati attentamente anche in relazione alla territorialità e ad altre situazioni economiche che avremo sicuramente l’opportunità di riscontrare dalla divulgazione dell’Ispettorato.
L’Ispettorato Nazionale del lavoro raccoglie attraverso una modulistica annualmente compilata dai territori la fotografia dell’andamento di tali istituti , analizza i dati estratti da un applicativo informatico utilizzato a livello nazionale per la rilevazione automatizzata degli elementi statistici relativi ai provvedimenti e ne presenta il Rapporto insieme alle Consigliere di parità . Nell’analisi della Consigliera Emiliana Romagnola come purtroppo succede da parecchi anni , senza nessuna soluzione di continuità storica ,nel corso dell’anno 2018 il numero complessivo di dimissioni e risoluzioni consensuali convalidate a livello regionale è risultato in aumento di circa il 23 % rispetto a quello rilevato nel 2017 come succede in tutta Italia anche se differenziato per territorio. Le proiezioni regionali sono in linea con quelle nazionali ove si registrano convalide riferite principalmente alle dimissioni volontarie e per giusta causa che sono pari a n. 47.410 e in aumento rispetto all’anno precedente.
Il metodo a livello nazionale di rilevazione è molto circostanziato e se vero è che la situazione è molto delicata e preoccupante, sarebbe stato corretto rispettare la tempistica di rendere noto contemporaneamente i dati dell’intero territorio nazionale. Nel 2018 a livello nazionale le dimissioni e le risoluzioni consensuali hanno interessato in misura predominante le lavoratrici madri, e le convalide relative ai lavoratori padri a livello nazionale sono meno della metà di quelle riguardanti le lavoratrici madri, anche se annualmente in aumento . Dal 2017 sono dettagliate le fasce di età dei lavoratori/delle lavoratrici e a livello nazionale si conferma la fascia di età da “maggiore di 34 fino a 44 anni”, e anche nel 2018 il rapporto inversamente proporzionale tra dimissioni/risoluzioni convalidate e anzianità di servizio, cioè ad una minore esperienza in azienda corrisponde una più rilevante “fuga” dal posto di lavoro. Interessante il dato che riguarda l’eventuale richiesta di part time o flessibilità da parte dei lavoratori interessati alle convalide e l’accoglimento di tali istanze da parte dell’azienda, poiché è e rimane un motivo ricorrente perché il non accoglimento ovviamente soprattutto da parte delle lavoratrici madri,porti alla scelta di cessare il rapporto di lavoro. È evidente una reale difficoltà di conciliare la vita familiare con il lavoro a tempo pieno ed è ancora più plastico il fatto che il settore settore produttivo maggiormente interessato dalle convalide è il terziario , tradizionalmente caratterizzato dalla prevalente occupazione femminile e, anche se in numero minore, anche i dati relativi all’industria e all’edilizia. Risulta del tutto residuale il dato relativo alle mancate convalide a fronte di 29 su tutto il territorio nazionale segno che non solo gli ispettori svolgono ottimamente il loro lavoro ma anche le aziende sono più corrette.
È bene ricordare che il compito di contrastare le discriminazioni sul lavoro era stato già delineato dal dlgs 198/2006 e poi modificato con il D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 151 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, affidando alle Consigliere ed ai Consiglieri di parità il compito di rilevare “le situazioni di squilibrio di genere, anche in collaborazione con le direzioni interregionali e territoriali del lavoro (oggi rispettivamente Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro), al fine di svolgere le funzioni promozionali e di garanzia contro le discriminazioni nell’accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, ivi compresa la progressione professionale e di carriera, nelle condizioni di lavoro compresa la retribuzione, nonché in relazione alle forme pensionistiche complementari collettive di cui al D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252” e di collaborare “con le direzioni interregionali e territoriali del lavoro al fine di rilevare l’esistenza delle violazioni della normativa in materia di parità, pari opportunità e garanzia contro le discriminazioni. Tale collaborazione era già effettiva, sin dai contenuti del Protocollo d’intesa stipulato, in data 25 giugno 2007, tra la Direzione generale per l’Attività Ispettiva e la rete delle consigliere e realizzava annualmente il Rapporto delle dimissioni. Nel 2018, rispetto all’anno precedente si è appurata, una diminuzione pari al -37% delle violazioni degli istituti posti a tutela della maternità, in termini di numeri assoluti.
Secondo il Rapporto sulla povertà divulgato da Istat rispetto alla tipologia familiare, l’incidenza di povertà assoluta aumenta al crescere del numero di minori presenti in famiglia (6,5% per le coppie con un figlio, 10,1% per quelle con due figli e 17,2% per le coppie con tre o più figli), ed è elevata tra le famiglie monogenitore (16,8%) e per le tipologie in cui spesso convivono più nuclei familiari (20,1%). Le famiglie monogenitore registrano una crescita significativa rispetto al 2017 (quando l’incidenza era l’11,8%).Si trovano in condizione di povertà assoluta ben 1,26 milioni di minori, contro gli 1,2 milioni del 2017. Al Sud quasi uno su 6. Per Save the Children “la povertà minorile rappresenta una piaga diffusa che affligge il presente e il futuro dei bambini e delle bambine in tutto il Paese e in modo particolare in quei luoghi dove minori sono le opportunità di crescita e di sviluppo. È sempre più urgente e indispensabile che la politica lavori a un piano nazionale di contrasto alla povertà minorile che non può più essere procrastinato”.Ma è altrettanto urgente un piano di sviluppo dell’occupazione femminile incardinata su sostegni alle aziende che applicano strumenti di flessibilità lavorativi e welfare aziendale per sostenere il bilanciamento di tempi di vita tra lavoro e cura del nucleo familiare e dunque evitare così il fenomeno delle dimissioni che impoveriscono la comunità.
Alessandra Servidori