L’altro giorno, intervenendo a un direttivo regionale di una categoria industriale della Cgil, quasi tutti delegati di fabbrica, mi è venuto di dire: “Visto che qui siamo tutti di sinistra, possiamo parlarci chiaro…”. Dalla sala qualcuno ha detto: “Non tutti”. Ho evitato di replicare, perché ero pur sempre loro ospite. Ma ora dico quello che penso: uno può essere deluso o schizofrenico quanto gli pare ed essere iscritto alla Cgil e votare chi vuole, il voto è libero. Ma se non si sente di sinistra che cosa ci fa nel sindacato? Non parlo di sinistra partitica, parlo di sinistra di appartenenza culturale e aggiungerei etica. Si è di sinistra perché si pensa che quando difendi una persona o ne migliori le condizioni lo stai facendo per tutti (tutti i lavoratori o tutti i cittadini: al maschile e al femminile). Non solo i tuoi colleghi, non solo i tuoi iscritti, non solo i tifosi della tua squadra, o i tuoi amici o gli abitanti della tua contrada, non solo gli italiani… Sei di sinistra se pensi che la solidarietà sia un valore irrinunciabile. Se non lo pensi, che ci fai nel sindacato? E cosa diventa il sindacato se perde questo pezzo fondamentale del suo Dna?
Sono convinto che, a quel direttivo, la stragrande maggioranza dei presenti (anche i delusi) la pensasse come me. Ma allora non dobbiamo strizzare l’occhio a una improponibile neutralità del sindacato. E dobbiamo dirlo con forza: l’eguaglianza, la democrazia, la libertà, sono valori fondativi di un “sindacato generale” e non corporativo. Così come la solidarietà e l’inclusione. Questi devono essere i principi su cui un lavoratore decide di iscriversi (o non iscriversi) al sindacato. Sarò più esplicito. Mi piacerebbe vedere stampata sulla tessera del sindacato la seguente frase di Papa Francesco: “Bisogna ridare alla parola solidarietà la sua piena cittadinanza sociale”. Così faremo il bene della nostra organizzazione e anche chiarezza negli atteggiamenti politici degli elettori.
Gaetano Sateriale