L’olandese Matthijs de Ligt è stato pagato dalla Juventus 75 milioni di euro. Il difensore più caro nel nostro campionato, il terzo nella classifica dei trenta acquisti maggiormente onerosi stilata da Skysport: prima di lui ci sono Gonzalo Higuain (90 mln) e Cristiano Ronaldo (117 mln). Colpi portati a termine dalla squadra che ha vinto otto scudetti di seguito e che ora, dopo aver puntato tutto sugli attaccanti, vuole blindarsi dietro nella speranza di riuscire a conquistare finalmente l’agognata Coppa dei Campioni. Ma non ci sono solo gli Agnelli, anche se la fanno da padroni occupando il maggior numero di posti, undici posizioni, nell’elenco delle grandi spese. Troviamo la Lazio con due record (56 milioni per Hernan Crespo e 48 per Gaizka Mendieta), l’Inter con sette (a partire da Christian Vieri, 46 milioni), il Milan a pari merito (dai 42 milioni di Manuel Rui Costa in giù). E poi la Roma con i 36 milioni per Gabriel Batistuta e il Napoli due volte, quando comprò Higuain per 39 milioni e in questi giorni con i 36 per Konstantinos Manolas.
Un elenco di spese che possono sembrare folli ma che diventano bruscolini se paragonate alle cifre da capogiro del calcio mondiale. A oggi Kylian Mbappé (Paris Saint Germain) è stimato 217 milioni e il suo compagno di squadra Neymar 197, Harry Kane (Tottenham) 197, Lionel Messi (Barcellona) 170,6 e Mohammed Salah (Liverpool) 173. Questi i teorici prezzi dei cartellini, poi ci sono gli ingaggi personali, i bonus, la pubblicità. Roba da nababbi. Secondo France Football, Messi incassa 130 milioni l’anno, Cristiano Ronaldo 113, Neymar 91 e mezzo.
Costano tanto, rendono tanto. Un mondo che si autoalimenta ma che rischia di divorare se stesso. La compravendita dei diritti televisivi ha sconvolto regole, calendari, orari. In Italia, si diceva una volta, l’unica cosa che funziona davvero è il fischio dell’arbitro, la domenica alle 15. In tutti i campi di gioco, una contemporanea che, pur nella differenza del tifo, univa il Paese. Adesso, tra campionato, coppe, impegni internazionali, amichevoli di lusso, ci sono partite quasi ogni giorno. Un inesauribile sabba podatorio, avrebbe scritto Gianni Brera. E poi dall’uso della moviola in tv, fonte di inesauribili polemiche, si è passati, sempre schiavi delle telecamere, al Var, video assistant referee. Meno errori ma anche le sviste e le scelte sbagliate avevano il loro fascino.
E non ci sono confini. Inter-Udinese del 23 aprile 2016, in campo 22 stranieri titolari: uno sloveno, un giapponese, sei brasiliani, due colombiani, un croato, tre francesi, un argentino, un montenegrino, un greco, un franco-maliano, uno svizzero, un ghanese, un serbo, un portoghese. Altro che porti chiusi! Il trionfo del cosmopolitismo. Certo, gente ricca e super coccolata, altro che disperati aggrappati ai gommoni. Ma tant’è, pecunia non olet. Anche le proprietà hanno il passaporto. Americani, cinesi, arabi, russi. Un fiume di denaro di origine incerta ma di sicura corruzione delle coscienze. L’internazionale del pallone.
In Italia mancano i vivai, non si investe sulle giovani promesse, i ragazzi scelgono altri sport. E poi il clima che si respira intorno ai campetti fa paura, con genitori indemoniati che aggrediscono i poveri arbitri, insultano i piccoli atleti e alimentano quella violenza e quel razzismo che poi esplodono nelle curve.
Per anni si è fatto finta che la ferocia degli ultrà fosse del tutto estranea all’essenza del calcio moderno, con i giornalisti sportivi che puntavano lo sguardo solo sul campo senza mai alzarlo per capire la composizione del pubblico. E invece, studiando con attenzione proprio l’evoluzione del tifo, si sarebbe capito per tempo il diffondersi del rancore sociale, dell’odio xenofobo, della cultura di estrema destra. E anche gli scandali, il calcio scommesse, le partite taroccate, gli interessi privati, il ruolo ambiguo dei procuratori, le finte plusvalenze, l’assenza di quell’etica che un vecchio maestro come Arrigo Sacchi continua, illuso e disperato, ad invocare. Un mondo marcio, che si vuole contrabbandare come meraviglioso.
Il vecchio e romantico amore per il pallone è stato cantato da scrittori come Osvaldo Soriano e Eduardo Galeano. Albert Camus aveva giocato in porta e sosteneva che tutto quello che era riuscito ad imparare sulla morale e sugli uomini lo doveva al calcio. Ora l’unica lezione è che vince sempre il dio denaro.
Marco Cianca