Ricordate i romanzi di appendice in voga nella Belle époque? Le signorine di buona famiglia venivano invitate dai gagà a recarsi nella loro garconniére per ammirare una collezione di farfalle. Chi accettava – magari dopo parecchie insistenze – anziché una distesa di colorati lepidotteri si trovava davanti ad un lettone con tanto di baldacchino. Alcune non si aspettavano una siffatta imboscata; altre, invece, ne erano consapevoli, anche dovevano fingere di essere sorprese. Che leader sindacali scafati ed esperti come i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil si siano stupiti, come un’ingenua signorina, nel trovare al Viminale lo stato maggiore della Lega anziché la collezione di farfalle di Giuseppe Conte, non convince nessuno. Da persone di mondo conoscono l’aria che tira nel Paese, sanno come arrancano i rapporti tra le componenti di maggioranza e soprattutto non si sono mai trovati a discutere della legge di bilancio con il ministro degli Interni. La carta intestata delle lettere di invito recava l’attestazione del Viminale. E’ vero che quel palazzo fu la sede della Presidenza del Consiglio nell’immediato dopoguerra; ma da allora i sindacalisti avevano percorso tante volte il ‘’duro calle’’delle scale di Palazzo Chigi, da non poter fare confusione. Certo, non è facile orientarsi negli attuali equilibri di potere nel governo giallo-verde. Il presidente Conte è molto gentile, ascolta con attenzione, ma poi deve riferire ai maggiori azionisti. Luigi Di Maio dichiara di aver capito, ma poi si scopre che fingeva, tanto che – se si affronta qualche problema di merito – di solito si fa sostituire. Matteo Salvini si atteggia a ‘’decisore finale’’ su tutti i dossier, a uomo forte di una maggioranza in cui il verde sta invadendo il campo del giallo. Ma questa è la patologia dell’attuale situazione politica, una delle principali ragioni della dissolvenza delle istituzioni democratiche, che stanno trovando sbocco in un consolato conflittuale che, non essendo in grado di decidere su tutto, finisce per non decidere nulla. Perché favorire questa deriva? Bisogna aver ben poca stima di sé stessi e del proprio ruolo per farsi prendere in castagna sul piano della correttezza istituzionale da parte dei membri del governo esclusi dal confronto. L’imbarazzo di Maurizio Landini si coglie in una sua dichiarazione: ‘’ Il problema non è vedersi ogni tanto, ma potersi confrontare per capire se ci sono delle convergenze oppure no’’. Ma che cosa si aspettava il leader della Cgil accettando di recarsi al Viminale insieme ai colleghi delle altre confederazioni? Innanzi tutto, essendo ben 43 le parti sociali convocate, il principale dubbio avrebbe dovuto riguardare la serietà di una riunione tanto partecipata alla stregua dell’assemblea condominiale di un palazzo periferico di dieci piani. Poi veniva naturale un’altra domanda: a nome di chi parlavano i loro interlocutori? Per il governo nel suo insieme (si direbbe di no viste le reazioni di Conte e di Luigi Di Maio) oppure per la Lega? Perché allora confrontarsi, in una sede impropria, con un solo partito dell’attuale quadro politico? Poi i dirigenti più avvertiti avranno certamente notato che – a proposito di vita reale – nell’incontro non si è fatto alcun cenno ad un’economia il cui tasso di crescita è simile ad un prefisso telefonico, al modo per sterilizzare un incremento dell’Iva già operante dal prossimo 1° gennaio. Se nel corso sei ore di riunione i presenti si sono accorti di aver parlato ognuno con se stesso, mentre gli altri consultavano gli smartphone, quale utilità potrà avere un nuovo incontro il 6-7 agosto? Speriamo che almeno i sindacati, in quei giorni, non si presentino all’appuntamento, motivandone i motivi in modo da indurre le altre organizzazioni –almeno quelle più serie – a tenere la medesima linea di condotta. La sua collezione di farfalle, il Capitano la mostri a qualcun altro.
Giuliano Cazzola