Il “governo del cambiamento” è ormai sempre più simile a un dead man walking in attesa del giorno del giudizio. Il quadro è desolante come pochi e la memoria fa fatica a ritrovare un’ostinazione simile nel tenere in vita un’esperienza di governo destinata al fallimento fin dal suo nascere.
Il premier Conte, un avvocato del popolo che ora ricorda l’equilibrista Forlani va avanti nonostante tutto; nessun problema se neanche il suo partito di riferimento si degna di ascoltare la relazione sul Russiagate da lui tenuta al Senato.
Il Vicepremier Salvini aggiunge del suo, non solo con la sua assenza mentre si parla delle sue relazioni pericolose con i russi, ma non avendo remore nell’esprimere uno sprezzante giudizio sul Premier: quel che dice Conte conta meno di zero.
L’altro vicepremier Luigi Di Maio dopo avere tradito il popolo della TAV con il via libera dato dal governo di cui il Movimento 5 stelle esprime premier e Ministro competente, l’inossidabile Toninelli, ha la faccia tosta di erigersi a NOTAV della prima ora, lanciando una mozione parlamentare contro l’opera solo per costringere il PD a votare con la Lega.
Una mossa disperata che fa infuriare i valligiani che si oppongono alla TAV per convinzione e non per opportunismo. E ancora sempre Di Maio che chiama il vicepremier Salvini “quell’altro là” e definisce “insopportabile” l’atteggiamento del Carroccio a cui fa seguito la risposta piccata del Ministro dell’Interno “Quell’altro? Mah… Posso non stare simpatico ma ho un nome, mi chiamo Matteo…”
Ancora contrasti sull’autonomia differenziata su cui si esercitano nella specialità del rimpallo oltre al più volte citato Di Maio anche la Ministra per gli affari regionali Stefani che definisce “falso” il primo invitandolo a non essere sleale.
La pantomima surreale dunque si arricchisce ogni giorno di nuovi particolari facendo sprofondare nel ridicolo la credibilità di un governo che voleva rivoluzionare il paese sconfiggendo la povertà, rimpatriando a tappe forzate i clandestini in Italia e neutralizzando i trafficanti di essere umani.
Un programma di governo che puntava in alto e che invece è ormai spiaggiato sull’arenile delle difficoltà di gestire un paese che non cresce, che ha un disavanzo mostruoso e in cui mafia, corruzione e evasione delle tasse sono mali epidemici che nessuno riesce a sconfiggere.
Quella del governo morituro è dunque una rappresentazione penosa che lascia vedere in filigrana la paura dei suoi protagonisti di perdere il potere; quel potere che trasforma in oro il vile metallo e che rende così diversa la vita da quella di prima. Se questa componente non fosse così presente il governo sarebbe già finito e gli elettori sarebbero già stati chiamati ad esprimere il proprio giudizio.
Nessuna vergogna dunque nel consegnare ai cittadini un’immagine così scadente dell’agire politico; ma del resto il governo è lo specchio del paese. Un paese sempre più vecchio in cui i giovani se ne vanno e da cui volentieri se ne andrebbero anche quei disgraziati che vi approdano, dopo aver attraversato il mare, solo per ragioni geografiche.
Roberto Polillo