Sul molto letame di muli e buoi, là giaceva il cane Argo, pieno di zecche. E allora, come sentì vicino Odisseo, mosse la coda, abbassò le due orecchie, ma non poté correre incontro al padrone. Racconta Omero che l’eroe, prima di versare l’unica lacrima della sua vita, chiede lumi al porcaio Eumeo. Sì, quel povero animale malconcio e sfinito, abbandonato dalle ancelle infingarde e dai servitori che non hanno voglia di fare le cose a dovere, ha atteso impavido il ritorno di chi lo carezzava e lo portava a caccia. Ora può morire in pace. “E Argo la Moira di nera morte afferrò, appena rivisto Odisseo, dopo vent’anni”.
Già, mentre la bestia capisce subito di chi si tratta, lo fiuta, lo riconosce senza alcun dubbio, Ulisse, evidenzia l’antropologo Jean-Pierre Vernant, ha bisogno di semata, di segni, d’indizi, di prove sulle quali riflettere per poter ricostruire l’identità del fedele amico. Qui sta la differenza abissale. La razionalità, con tutto quel che ne consegue, contrapposta all’istinto naturale. Il sentimento senza le mediazioni e i filtri della mente. La spontaneità che rende liberi e il ragionamento che diventa maschera, camuffamento. I cani non sanno cosa siano la menzogna, l’ipocrisia, l’invidia, la calunnia. Non sono dispettosi, non portano rancore, non disprezzano. Lo spiega bene il poeta Philip Schultz, il quale aggiunge che “non credono di essere geni (specialmente quelli che lo sono), non nascondono i giudizi, non coltivano opinioni, non mettono in campo i loro difetti”. E non fanno politica, aggiungiamo.
E’ estate, stagione di esibito egoismo, e pietosi manifesti invitano a non abbandonare teneri musetti. Ma come si possono avere cuori così pietrosi da non lasciarsi commuovere da quegli occhi che invocano pietà? E’ la ferocia dell’uomo che distrugge la natura e se stesso. Se non salviamo chi muore in mare, se non piangiamo per i bambini che fuggono dalla fame e dalle bombe, se chiudiamo i porti invece di aprire le braccia, vuole dire che siamo ad un punto di non ritorno. Il pianeta è prossimo al coma, i grandi della terra esibiscono i muscoli, le guerre commerciali sembrano anticipare quelle con le armi, il sovranismo vuole annullare diritti e libertà, le differenze non sono una ricchezza ma una colpa.
Anche da noi, in Italia, la paura, l’odio, la violenza verbale e fisica, l’incertezza ammorbano tutto. Tra crisi politica, economica e sociale, non sappiamo che succederà dopo agosto. L’insolito clima e le fosche prospettive paralizzano speranze e volontà. Ma ecco gli scodinzolanti quattrozampe, portatori di fiducia, di cosmopolitismo, di contaminazione, di meticciato, di saggezza. Scrive ancora Schultz. “Trovati un maestro, dice il Talmud. L’ho fatto. Un regno di maestri benevoli e pelosi”. Teniamoli vicini, pensiamo a loro, prima che alle nostre ferie. Chi ha un cane sa che vuol dire possedere l’amore, e chi l’ha perso sa che cos’è il dolore. Forse esiste un paradiso per i cani e non per noi. D’altronde, sostiene lo scrittore Frederick Seidel, Dio ha creato gli esseri umani per fare compagnia ai cani.
E i gatti? Questa è un’altra storia, intessuta di fascino e di mistero. Buone vacanze anche a loro.
Marco Cianca