D’accordo. Tante critiche che si rivolgono al governo Conte 2 hanno un fondamento. Le posizioni sono cambiate tanto in fretta da lasciare a bocca aperta gran parte dell’opinione pubblica. Se poi si volessero approfondire seriamente gli eventi degli ultimi mesi ci si accorgerebbe che molte opinioni stavano mutando e nuove convenienze politiche venivano a galla. Diciamo pure che il patto di Yalta che aveva fatto nascere il governo giallo verde non sarebbe stato stracciato se a metterlo in discussione non fosse stato, in modo bizzarro e improvvisato, proprio Matteo Salvini.
Gli avversari, quelli storici e quelli più recenti, hanno approfittato degli errori madornali del Capitano e gli hanno combinato lo scherzo di un altro governo sotto gli occhi, mentre lui si raccomandava, senza alcuna vergogna, di non essere mandato all’opposizione. Il governo Conte 2 – nonostante quello che sostengono i suoi azionisti – nasce per un motivo molto semplice: impedire elezioni anticipate che, probabilmente, avrebbero consegnato il Paese a Matteo Salvini. Del resto, sono 25 anni che le coalizioni messe in piedi dalla sinistra hanno un solo obiettivo: essere contro Silvio Berlusconi, impedirgli di governare. Perché allora dovremmo meravigliarci se oggi si forma una coalizione che di per sé ha ben poco da dire, ma ha chiara un’idea in testa: il Capitano è un uomo pericoloso non solo per l’economia, ma anche per la stessa democrazia. In fondo è questo il profilo che, da testimone privilegiato, ha descritto, magistralmente, Giuseppe Conte nelle sue comunicazioni al Senato del 20 agosto scorso.
Ecco perché a me sembra già tanto aver cacciato Salvini e la Lega all’opposizione, ricostruendo nel contempo un rapporto positivo con l’Unione europea, sorretto dalla nomina di Paolo Gentiloni a Commissario agli affari economici e di Roberto Gualtieri al MEF. E averlo fatto seguendo pedissequamente le regole e le procedure disposte dalla Costituzione. La sorte ci regala un risultato insperato; gli avversari politici hanno sbagliato manovra e sono finiti nelle paludi. Hanno fallito l’obiettivo del voto anticipato; e noi avremmo dovuto recuperarlo, assecondarlo e consegnarlo nelle loro mani? A me fanno tenerezza i democratici e i militanti di sinistra che avrebbero preferito andare a votare. Carlo Calenda è uno di questi; ipotizza un fronte repubblicano che all’insegna della causa europea sfidi i sovranpopulisti, con la possibilità di batterli. In quale film? Forse ‘’Nella carica dei Seicento’’? È strano; quelli che Giuliano Ferrara definisce gli antiantifascisti, non vogliono sentir parlare di pericolo di regime e mettono in conto la possibilità che le elezioni si perdano. Come è normale in democrazia. Nel qual caso si preparerebbero ad una serrata battaglia di opposizione contro una maggioranza di destra-destra guidata da Matteo Salvini, per sconfiggerlo nella prossima tornata elettorale.
Come fanno a non rendersi conto che quella con Salvini non è una competizione democratica nella quale coloro che perdono oggi avranno l’opportunità di vincere domani? Con il Capitano al potere non si torna più indietro. Si deve prendere atto di un conflitto permanente con la Ue, di una probabile uscita (o estromissione) dall’euro, di una destabilizzazione delle tradizionali alleanze internazionali, dello sfascio dei conti pubblici e della bancarotta dell’economia e, ciò che sarebbe più grave, dell’omologazione delle istituzioni di garanzia, dal presidente della Repubblica alla Corte Costituzionale, fino al bavaglio della magistratura. Se tutto questo sfacelo ce lo possiamo risparmiare non è un vantaggio per tutti? Sergio Mattarella non è andato a cercare negli archivi del Quirinale copia del Piano Solo per formare il governo Conte 2. Sono state la legalità e la correttezza istituzionale a vincere, per ora e in Parlamento, la battaglia. È un cammino in salita che si compie avanzando, passo dopo passo. Ma qualcuno preferiva precipitarsi, in fuga, giù per la discesa.
Prendiamo a monito le parole di Liliana Segre: “La politica che investe nell’odio è sempre una medaglia a due facce che incendia anche gli animi di chi vive con rabbia e disperazione il disagio dovuto alla crisi, e questo è pericoloso. A me hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero, l’accoglienza rende più saggia e umana la nostra società”. Ma accanto alla preoccupazione, la senatrice a vita confessa di nutrire anche “la speranza”. “Mi attendo insomma che questo governo operi per ripristinare un terreno di valori condivisi’’. Poi una stoccata (a Salvini?) per il continuo riferimento a simboli religiosi nel dibattito politico. Questa pratica ricorda alla sen. Segre il ‘Gott mit uns’ (in tedesco letteralmente ‘Dio con noi’) ovvero il simbolo scritto nelle fibbie dell’esercito nazista. Al posto della precedente aquila di Weimar, i nazisti inserirono un’aquila che negli artigli teneva una svastica. “A me fa questo effetto – ha detto Segre in aula – forse qui sono la sola a cui fa questo effetto…”. Non lasciamola sola.