Soffre l’industria metalmeccanica italiana. L’ultima rilevazione congiunturale della Federmeccanica, presentata questa mattina a Roma, ha evidenziato uno stato di vera e propria recessione. Una seria difficoltà per il nostro paese, perché l’industria metalmeccanica rappresenta la vera spina dorsale dell’economia italiana. Rappresenta una altissima percentuale del prodotto interno lordo e, soprattutto, è grazie ai proventi delle esportazioni di prodotti metalmeccanici che la nostra bilancia dei pagamenti risulta positiva per più di 22 miliardi di euro. Senza l’apporto della metalmeccanica avremmo un deficit anche nei conti con l’estero.
I dati parlano da soli. Nel secondo trimestre del 2019 la produzione di beni del settore è diminuita dell’1,1% rispetto al primo trimestre dell’anno e del 3,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Complessivamente nel periodo gennaio-giugno di quest’anno è stata registrata una caduta del 2,7%. E i dati, ancora provvisori, di luglio fanno crescere ancora negativamente questi dati. Una situazione abbastanza diffusa, perché cadono un po’ tutti i settori: le produzioni metallurgiche del 2,1%, la meccanica strumentale dell’1,9%, mentre l’automotive è crollato facendo segnare una diminuzione della produzione pari al 10,1%. Unica eccezione gli altri mezzi di trasporto, la navalmeccanica, l’aerospaziale, le locomotive, il materiale ferroviario, che ha fatto segnare un +4,3%.
Ma, appunto, questa è stata un’eccezione, perché tutto il settore va male e anche le previsioni sono tutte negative, perché, come ha sottolineato il vicepresidente della Federmeccanica Fabio Astori, mancano le certezze e le imprese si trovano in difficoltà, lasciate troppo sole nella ricerca di nuovi mercati. È anche dall’export infatti che vengono indicazioni negative, perché, mentre il dato generale a tutta l’economia fa segnare nel primo semestre dell’anno una crescita del 2,7% rispetto all’anno precedente, la metalmeccanica per la prima volta da tanto ha fatto segnare un -0,4%, sempre rispetto al primo semestre del 2018.
Una situazione di difficoltà che non potrà non riflettersi sull’andamento delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. I sindacati del settore hanno già presentato la loro piattaforma rivendicativa e gli industriali non si pronunciano in merito, aspettando il momento del confronto per mostrare le proprie carte. Ma, come ha detto Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica nell’intervista che Il diario del lavoro pubblica, è già stato deciso di rimanere fermi alle innovazioni che furono introdotte con l’ultimo rinnovo contrattuale. Ci saranno modifiche, ma, secondo le aziende, dovrebbe restare in piedi l’ossatura messa a punto l’ultima volta.
In particolare, ciò significa che Federmeccanica chiederà che l’entità degli aumenti salariali sia decisa non ex ante, al momento del rinnovo contrattuale, ma ex post, al momento in cui si verifica la crescita inflattiva. Questo nella considerazione che gli aumenti salariali previsti dal contratto nazionale devono servire a recuperare la perdita di potere di acquisto, mentre è al livello aziendale che è possibile far crescere i salari più dell’inflazione in presenza di un aumento della produttività. Ma sarà l’andamento della trattativa a determinare queste cose.
Da registrare ancora come la fase recessiva che sta attraversando il settore metalmeccanico è caratterizzato anche da un calo dell’occupazione, già visibile nelle aziende che occupano più di 500 persone e dall’andamento dei ricorsi alla cassa integrazione, cresciuti nel primo semestre del 66,1%. In particolare, sono aumentati di ben il 120,5% i ricorsi per la cassa integrazione straordinaria, il che fa credere che siano aumentate le crisi aziendali. L’ultimo dato interessante dell’indagine trimestrale mostra che non è scomparsa, né diminuita la difficoltà che hanno le aziende a trovare manodopera specializzata. Il 47,4% delle aziende incontra difficoltà quando deve assumere personale specializzato: tre mesi fa era il 48%, quindi nulla è cambiato. Situazione difficile, specie per il Nord Est dove è addirittura il 63% delle imprese ad avere difficoltà. Proprio per questo Stefano Franchi crede che il governo dovrebbe impegnarsi a fondo per diminuire questa situazione di difficoltà. A suo avviso, per esempio, è stato un grave errore anche tagliare i fondi per le procedure di Scuola-lavoro, quando invece servirebbe un grande piano straordinario per l’istruzione e la formazione per realizzare un virtuoso ecosistema per l’apprendimento permanente.
Massimo Mascini