“Era dotato di una capacità di assimilazione eccezionalmente rapida e di una viva capacità di intuizione che gli permetteva in ogni momento di seguire i sentimenti del suo pubblico. Possedeva una particolare abilità nell’improvvisare slogan e parole d’ordine che erano in sé assolutamente prive di significato, ma che suonavano bene, dando alla folla l’illusione di trovarsi improvvisamente chiarite le idee. A queste brillanti doti si accompagnava una assoluta indifferenza morale intorno alla scelta dei modi e dei mezzi per raggiungere i suoi fini. Possedeva soprattutto una forte e tenace volontà di affermare sé stesso, il che pare sia un requisito essenziale per un uomo politico che voglia avere successo, sia che si tratti di un genio o di una figura di secondo piano, del più onesto degli uomini o dell’ultimo dei farabutti’’.
Invito i lettori a non arrivare, dopo aver letto questo brano, a delle conclusioni affrettate. Nel testo non è contenuto – come potrebbe sembrare – un profilo di Matteo Salvini. Si tratta della descrizione di Benito Mussolini tracciata da Gaetano Salvemini, nel libro ‘’Le origini del fascismo, Lezioni di Harvard’’ ( 2° edizione Feltrinelli, 2018). Ovviamente tale accostamento non significa nulla. Chi scrive non ha l’autorevolezza per cimentarsi in una nuova edizione delle ‘’Vite parallele’’. Non solo Salvini, ma tante altre persone – a noi note o ignote – potrebbero cucirsi addosso quel profilo. Ma non può essere casuale che il sottoscritto – ora impegnato nella lettura del saggio – sia arrivato a riflettere sul brano citato (a pag. 347) proprio nella notte in cui Matteo Salvini ha trionfato nel voto in Umbria. Esiste una logica anche nel ‘’Caso’’: questo oscuro protagonista di gran parte delle vicende umane. Resto convinto che la Lega, al pari degli alleati sovranpopulisti a livello europeo, pesti l’acqua in un mortaio in cui sono raccolte le ideologie nazionaliste e parafasciste diffuse nel Vecchio continente (e non solo) tra le due guerre mondiali del secolo scorso. E sopravvissute fino ad oggi, magari indossando una maschera diversa.
Eppure, nell’esperienza italiana, vi sono delle differenze profonde. Dopo il biennio ‘’rosso’’ (1919-1920) – quando i socialisti ‘’massimalisti’’ agitarono lo spettro del ‘’bolscevismo’’ (‘’ e noi faremo come la Russia……’’), promossero l’occupazione delle fabbriche, svenarono i lavoratori con scioperi generali inutili a cui era affidata l’insurrezione spontanea del popolo (che non apparì mai all’orizzonte), mantennero una posizione settaria in Parlamento nonostante i 155 deputati conquistati nelle consultazioni del 1919 – seguì il biennio nero (1921-1922), durante il quale le squadracce fasciste, armate di tutto punto dai comandanti militari golpisti, protetti e coperti nei loro misfatti dalle forze dell’ordine e della magistratura, sconfissero militarmente le organizzazioni della sinistra e dei popolari , sradicarono le istituzioni sociali del movimento cooperativo, aggredirono le amministrazioni comunali governate dai socialisti. Nonostante le distruzioni e i falò, le spedizioni punitive, le bastonature, le violenze e gli assassinii impuniti, il corpo elettorale, nella consultazione del 15 maggio 1921 (Salvemini ricorda che soltanto nel primo giorno di apertura delle urne vi furono 40 morti e 70 feriti), portò alla Camera 122 socialisti, 107 popolari e 16 comunisti.
Oggi si ha l’impressione che nulla possa fermare la prise du pouvoir di Matteo Salvini, che al Capitano basti, quando ne avrà la possibilità, allungare la mano per cogliere il frutto. Certo, di suo ci mette parecchio impegno nelle campagne elettorali, ma viene ripagato in termini di consenso. Ora siamo stupefatti per la vittoria sua e della Lega (e di FdL) in Umbria, ex regione ‘’rossa’’, dove la sinistra era in declino da tempo, come era emerso nelle elezioni dei più importanti Comuni. Sembra di essere nei Land dell’ex DDR, che sono diventati (si veda il voto in Turingia) il covo delle forze di estrema destra. Non è stata una mossa ‘’furba’’ fare dell’Umbria un laboratorio della nuova alleanza giallo-rossa, trasformando il voto di una piccola regione in un test nazionale. Per giunta, candidando, come alfiere, un bravo imprenditore noto per avere simpatie per il centrodestra, che era stato in palio per rappresentare quello schieramento (un’applicazione del modello Conte?). In sostanza, la sinistra non ha perso l’occasione per mettersi spontaneamente in difficoltà. Adesso la resistenza si sposta sulla linea Gotica: o l’Emilia o tutti ammazzati! Bisognerebbe però smetterla di osservare il dito (Salvini) e concentrarsi sulla Luna (quelli sempre più numerosi che lo votano).
Per combattere un avversario, prima di tutto lo si dovrebbe conoscere. Forse parlo solo per me stesso, ma ho la sensazione di essermi svegliato, un mattino, in un altro mondo. Secondo i canoni interpretativi che mi hanno guidato in oltre mezzo secolo di impegno politico non riesco a comprendere le cause che hanno condotto gran parte dell’elettorato a radicalizzarsi su posizioni estremiste e reazionarie e a seguire un personaggio come Salvini; non solo per quello che è, ma anche per le cose che non ha fatto e per le promesse che non ha mantenuto. Un personaggio al quale sono pronti a perdonare tutto: i rapporti non trasparenti con potenze straniere, l’incoerenza, le menzogne, l’essere espressione di quella ‘’casta’’ (il nostro ha solo vissuto di politica) che afferma di voler combattere e che considera il suo principale avversario. Il Capitano inizia la sua esperienza militante in un partito secessionista, pagano, ma a modo suo europeista (la Padania guardava all’Europa), che si propone di difendere non solo gli interessi politici ed economici, ma persino i tratti antropologici delle popolazioni del Nord, vessate da ‘’Roma ladrona’’ e da un Sud nullafacente ed assistito.
Nel giro di pochi anni una storia ventennale – in verità un po’ folkloristica – è stata archiviata per fare posto ad un’importante forza di estrema destra, nazionalista, patriottarda, identitaria (e un po’ razzista: gli africani di oggi sono i terroni di ieri). Dopo le elezioni del 4 marzo 2018, pensavamo che il pericolo venisse dal successo del M5S, di cui – sia pure con qualche perplessità – era facile comprendere la natura. I ‘’grillini’’ avevano raccolto i frutti di quell’antipolitica che per anni aveva dominato i media coltivando quell’invidia sociale che è divenuta il sentimento dominante nell’opinione pubblica. Fateci caso. Gli attacchi abominevoli a Liliana Segre si soffermano su di un aspetto tipico dell’antipolitica: la signora è senatore a vita (quindi non eletta) e percepisce il relativo stipendio. Gli italiani invece si stanno raccogliendo – con in testa la classe lavoratrice – sotto le bandiere del partito più vecchio d’Italia (e dei custodi della ‘’fiamma tricolore’’ che, alla fine, concorreranno – vendette della storia – alla costruzione di un arco costituzionale a loro immagine e somiglianza). Ma, come sosteneva Hegel, ciò che è reale è anche razionale. Peggio per chi continua a non capirci un tubo.
Giuliano Cazzola