Bologna 14 novembre. La campagna elettorale – a strascico come al solito – di Matteo Salvini è arrivata in città con l’obiettivo di espugnare quella che fu la Mosca d’Occidente. Alle 20,30 è previsto l’inizio della manifestazione e il suo discorso, al Pala Dozza, l’impianto sportivo dedicato al mitico sindaco della Liberazione e degli anni del dopoguerra. La zona è blindata: gli squadristi dei Centri sociali tentano di forzare il blocco delle Forze dell’Ordine, ma vengono respinti a colpi d’idrante e si ritirano bagnati.
In quel medesimo frangente una voce si diffonde sotto i portici del centro: Piazza Maggiore è stracolma di giovani, di donne e di uomini, stretti come ‘’sardine’’ che non sventolano bandiere, che non espongono cartelli, ma esibiscono, in tanti, la sagoma di un pesce ritagliato nel cartone: la sardina, appunto.E’ un raduno di persone serene, quasi allegre, stupite anche loro di trovarsi così numerosi, dopo aver aderito, ognuno per sé, al tam tam dei social che diffondeva l’invito di quattro giovani a trovarsi sul ‘’crescentone’’ della piazza, in concomitanza con la kermesse del Capitano, soltanto per fargli sapere che ‘’Bologna non si Lega’’.
Nelle stesse ore, il Pd è impegnato in un’iniziativa programmatica nel salone di un Palazzo storico prospiciente la Piazza. Una ‘’tre giorni’’ che un amico che c’era ha descritto così: ‘’a mio avviso gli stessi dirigenti che avevano organizzato l’evento sono stati travolti dalla forza che hanno scatenato. Erano presenti tanti tanti giovani, professori universitari e militanti delle associazioni, laiche e cattoliche, animati da molta voglia di ascoltare, ben oltre il solo antisalvinismo’’. Bene. Ma la scena l’ ha rubata il movimento delle ‘’sardine’’.
Le immagini della manifestazione sono approdate nei telegiornali e nei commenti dei quotidiani sempre pronti a gettarsi sulla notizia dell’uomo che morde il cane (ovvero una piazza piena, in questi tempi, che sia pur vagamente di sinistra).
Fatti i conti dei posti disponibili nel Palasport e, quindi, di quanti potevano essere i sostenitori di Salvini, si è scoperto che le ‘’sardine’’ erano in numero maggiore. Si è paragonata la piazza stracolma del 15 novembre con quella che ospitò il primo ‘’vaffa’’ di Beppe Grillo. Poi le ‘’grandi firme’’ si sono avventurate in analisi socio-politiche sulle caratteristiche di questo movimento rispetto a quelle di altri, poi finiti in un fuoco di paglia.
Intanto, sarebbe bene prendere nota del fatto che analoghe iniziative saranno organizzate, nei prossimi giorni, ovunque si recherà Matteo Salvini dentro (Modena) e fuori dall’Emilia Romagna (Firenze). Chi sono questi sconosciuti usciti dal buio, questi combattenti volontari non inquadrabili in un partito? Che cosa vogliono? Salvare la terra come Greta, in nome di una nuova cultura ecologica? Combattere il precariato? Rafforzare Italia viva? Scuotere il Pd dal suo torpore? Oppure erano lì, in Piazza Maggiore, a dare testimonianza del buon governo di Stefano Bonaccini? Nulla è pervenuto di tutto questo.
L’obiettivo di quelle migliaia di ‘’sardine’’ era molto semplice: dire No a Salvini, al canto di ‘’Bella Ciao’’, in uno scontro di dimensione nazionale. E se fossero loro ad aver capito tutto? A ribadire, cioè, che è prioritario resistere alla deriva di estrema destra lungo la quale sta scivolando il Paese; che sbagliano coloro che sottovalutano l’onda nera che sulla quale galleggia il Capitano; che la vera battaglia in cui impegnarsi, nel momento attuale, è quella di difendere un ordinamento civile e democratico minacciato da disvalori antichi che si sentono legittimati a rialzare la testa. Se è questa l’analisi della situazione, se queste sono le emergenze, tutto si giustifica e serve alla causa: anche un governo sgangherato e confuso come il Conte 2.
Giuliano Cazzola