Una boccata d’ossigeno. Forse non è molto più di questo, il comunicato stampa che è stato diffuso oggi, a fine mattinata, da ArcelorMittal Italia. E tuttavia, è già qualcosa, rispetto a una vicenda che avrebbe potuto toccare, sempre oggi, un punto di non ritorno.
Cominciamo dunque dal comunicato: nove righe molto stringate, fino a sfiorare la sommarietà. Anche se quello che conta, per certi aspetti, è l’incipit: “ArcelorMittal annuncia che AM InvestCo ha firmato un accordo non vincolante con i Commissari Ilva nominati dal Governo”. E conta perché è il colosso franco-indiano dell’acciaio ad annunciare in prima persona che la società che è stata costituita ad hoc per acquisire l’Ilva in Amministrazione straordinaria, ovvero AM InvestCo, ha raggiunto una sorta di accordo con la medesima Amministrazione straordinaria. Nessuno si entusiasmi, però. Infatti, dopo quella relativa alla firma dell’accordo, la seconda informazione che il lettore riceve è che si tratta di un accordo “non vincolante”. Insomma, una tregua, più che un trattato di pace.
Ma andiamo avanti: per adesso siamo solo a una tregua, è vero, ma si tratta comunque di una tregua definita con uno scopo più ambizioso di quello di limitarsi a prendere tempo. Ecco dunque: l’accordo “costituisce la base per continuare le trattative riguardanti un piano industriale per Ilva, incluso un investimento azionario da parte di un ente partecipato dal Governo”.
E qui si arriva, finalmente, a qualche elemento di merito: “Il nuovo piano industriale – prosegue il comunicato – prevede investimenti in tecnologia verde da realizzarsi anche attraverso una nuova società finanziata da investitori pubblici e privati”.
Si intravedono, quindi, i lineamenti di quello che potrebbe essere il terreno su cui costruire un accordo capace di trattenere ArcelorMittal in Italia e, in particolare, a Taranto. Da un lato, la costituzione di una nuova società partecipata anche da capitale pubblico. Dall’altro, una spinta verso non meglio qualificate “tecnologie verdi”.
Anche qui, però, dopo la notizia c’è una frenata. “I negoziati – è ancora scritto nel comunicato – proseguiranno fino a gennaio2020”. Ora, l’idea che un negoziato su una tematica così complessa possa esaurirsi in 40 giorni, festività di fine d’anno comprese, lascia perplessi. Si torna quindi all’impressione che il vero contenuto della notizia sia quello della boccata d’ossigeno. Per adesso non si è arrivati a una rottura. Vedremo cosa si riuscirà a fare l’anno prossimo.
Questa impressione è rafforzata dalla parte finale del comunicato: “Nel frattempo, nel corso dell’audizione che si è tenuta oggi, i Commissari Ilva e AM InvestCo hanno chiesto un ulteriore rinvio fino alla fine di gennaio 2020 della richiesta delle misure provvisorie avanzate dai Commissari Ilva”.
Come si vede, un testo piuttosto criptico. Che può essere decodificato se si tiene a mente che proprio per oggi era stata messa in calendario, presso il Tribunale di Milano, un’udienza relativa al ricorso d’urgenza presentato dai legali dei Commissari straordinari dell’Ilva in A.s. avverso al recesso contrattuale preannunciato da ArcelorMittal dopo la soppressione del cosiddetto scudo penale. Un’udienza in vista della quale i medesimi legali dei Commissari avevano, peraltro, depositato presso lo stesso Tribunale un’istanza volta a preannunciare la richiesta di un rinvio dell’ udienza stessa.
Conclusione: l’essenza della notizia che si ricava dal comunicato stampa di ArcelorMittal è che la multinazionale dell’acciao e l’Amministrazione straordinaria di Ilva, cioè il Governo italiano, hanno deciso di darsi uno spazio di tempo, pari appunto a 40 giorni, per avviare una trattativa sul futuro dell’ex-Ilva. Quaranta giorni che, a quel che si comprende, costituiscono uno spazio politico, più che temporale nel senso stretto del termine. Nel senso che, se la trattativa dovesse avviarsi in modo costruttivo, e alla fine del gennaio 2020 un eventuale nuovo accordo non fosse perfezionato in tutti i dettagli, si potrebbe comunque procedere a un nuovo rinvio.
Il tentativo appare quindi non impossibile, anche se è certamente difficile. I punti controversi del negoziato sono infatti tutti rilevanti, a partire dai nodi del progetto industriale: quali tecnologie saranno effettivamente utilizzate per produrre acciaio a Taranto? E quanti milioni annui di tonnellate di acciaio costituiranno l’obiettivo produttivo di un nuovo eventuale accordo? A monte di ciò, c’è poi il progetto societario: quale società, e con quale configurazione, dovrebbe affiancare AM InvestCo?
A questi interrogativi, si aggiunge poi quello, molto spinoso, dell’occupazione: quanti lavoratori potranno essere effettivamente impiegati da ArcelorMittal in uno scenario ridisegnato dalla trattativa? E quali prospettive si aprirebbero per quelli che, alla fine, dovessero risultare in sovrannumero? Perché non bisogna dimenticarsi che tra le parti firmatarie dell’accordo del settembre 2018, quello che aveva preceduto l’avvio della gestione dell’ex-Ilva da parte di AM InvestCo, e che prevedeva zero esuberi, c’erano anche i sindacati. E che il loro assenso era stato decisivo per dare il via libera all’operazione.
Riassumendo: feste natalizie a parte, giornate di lavoro molto intense attendano sia i Commissari dell’Ilva in Amministrazione straordinaria, che i rappresentanti di ArcelorMittal. E se non si stesse parlando d’acciaio verrebbe da dire: se son rose, fioriranno.
@Fernando_Liuzzi