Da giorni, la vicenda dell’Ex Ilva non ha più l’onore delle prime pagine. Ma questo non significa che questa lunga e contrastata vicenda industriale si sia risolta, in un modo o nel’altro. E cioè con un nuovo inizio o con una più o meno lenta agonia. Al contrario, significa che il filone principale di questa vicenda, quello relativo alla possibilità di dare un futuro al maggior gruppo siderurgico attivo nel nostro Paese, si è, per così dire, inabissato nel negoziato in corso fra i poteri pubblici italiani e ArcelorMittal, il colosso franco-indiano dell’acciaio. Negoziato che peraltro, in teoria, avrebbe dovuto concludersi entro oggi. Ma il fatto stesso che, a metà giornata, tale conclusione non sia neppure alle viste, fa capire, da solo, quanto tale negoziato sia stato e sia tutt’ora, allo stesso tempo, difficile e complesso.
Come si ricorderà, il 20 dicembre scorso le parti, ovvero da un lato AM InvestCo, la società costituita ad hoc da ArcelorMittal, e dall’altra i Commissari, di nomina governativa, dell’Ilva in Amministrazione straordinaria, avevano raggiunto un accordo “non vincolante”. Accordo che, come veniva specificato nel comunicato che lo annunciava, costituiva “la base per continuare le trattative riguardanti un piano industriale per Ilva, incluso un investimento azionario da parte di un ente partecipato dal Governo”. Piano che, a sua volta, dovrebbe prevedere “investimenti in tecnologia verde da realizzarsi anche attraverso una nuova società finanziata da investitori pubblici e privati”.
Ora il punto è che, nello steso comunicato, si affermava anche che tali negoziati “proseguiranno fino a gennaio 2020”. E questo non è un dettaglio secondario. Infatti, grazie a questa sorta di intesa fra le parti, il Tribunale civile di Milano aveva potuto rinviare alla prima data utile successiva alla fine di gennaio, e cioè a venerdì 7 febbraio, l’udienza relativa al ricorso d’urgenza presentato dai legali dei Commissari straordinari. Ricorso che, come si ricorderà, era avverso al recesso dal precedente contratto di affitto di ramo d’azienda annunciato da ArcelorMittal.
In parole povere, il contenuto vero dell’accordo non vincolante del 20 dicembre era la volontà, espressa congiuntamente dalla parti, di trovare un accordo a partire dagli elementi sopra richiamati, e di trovarlo entro la fine del mese di gennaio. Il che aveva consentito alle stesse parti di chiedere al predetto Tribunale civile di rinviare il proprio intervento nel contenzioso tra le parti. Intervento che, inevitabilmente, avrebbe irrigidito le posizioni delle parti stesse, rendendo ancora più difficile la ricerca di una eventuale intesa.
In altri termini, mentre in una prima fase, innescata dalla battaglia sulla contrastata rimozione del famoso “scudo legale” voluta dalla componente Cinque Stelle del primo Governo Conte, le parti si erano premurate di costituire ciascuna una propria posizione presso il Tribunale civile, in vista di una svolta giudiziaria del contenzioso che le opponeva, con il pre-accordo del 20 dicembre il quadro era mutato, mostrando almeno l’esistenza di una nuova volontà, che accomunava entrambe le parti, di superare il contrasto in atto, costruendo un’intesa capace di dare una nuova prospettiva alle sorti industriali dell’Ex-Ilva.
Va anche detto, però, che l’estrema complessità dei temi portanti della trattativa, sopra delineati, aveva subito indotto gli osservatori a ritenere che il tempo di 40 giorni fosse molto stretto. Forse, troppo stretto per definire tutti i dettagli di una possibile intesa.
E così, mentre la data del 31 gennaio si avvicinava inesorabilmente, senza che, peraltro, si avesse notizia dell’imminente conclusione del negoziato, ha cominciato a circolare l’ipotesi che le parti convenissero informalmente fra loro sull’idea di portare avanti il negoziato anche oltre la fine di gennaio. Sapendo, però, entrambe, che, al di là di quanto convenuto fra loro in dicembre, esiste comunque un limite temporale che non può essere superato. Limite costituito dalla data del 7 febbraio, cioè dal giorno in cui è stata fissata la nuova udienza presso il tribunale di Milano. Se vogliono evitare di litigare in tribunale, le parti devono quindi trovare una accordo, al più tardi, entro la giornata di giovedì 6 febbraio.
A questo proposito, si tenga presente che, al di là della complessità intrinseca dei temi della trattativa, temi che sono un mix di questioni industriali, tecnologiche, finanziarie e giuridiche, anche il numero e la qualità degli interlocutori è diventata via, via più complessa. Ai Commissari straordinari, il Governo ha infatti affiancato un super-consulente, individuato nella figura di Francesco Caio, noto manager di lungo corso. Nel frattempo, si è assistito a una sorta di mini rivoluzione all’inteno del gruppo dirigente di AM InvestCo; gruppo da cui sono stati allontanati i manager stranieri.
A ciò si aggiunga che uno dei punti più spinosi, e più contrastati, dell’attuale questione dell’ex-Ilva è quello dell’occupazione. E ciò perché ArcelorMittal ha più volte fatto capire di voler ridurre il numero totale degli addetti previsti dall’accordo del 6 settembre 2018, quello in base a cui AM InvestCo aveva potuto assumere la gestione del Gruppo in vista del suo, non ancora perfezionato, acquisto. Solo che, ecco un altro scoglio, a quanto si sa i sindacati non sono stati ancora neppure convocati in relazione agli sviluppi dell’attuale fase negoziale. E questo è un elemento che non ha certo rasserenato né migliaia di lavoratori, né i loro rappresentanti.
D’altra parte, va anche notato che il Presidente del Consiglio dei ministri, Conte, ha prospettato l’ipotesi di un suo ormai prossimo incontro col Presidente e Ceo di ArcelorMittal, Lakshmi Mittal. L’attesa, e per molti la speranza, è dunque che la prossima settimana sia effettivamente quella in cui possano essere positivamente sciolti i nodi della trattativa.