Il diario del lavoro ha intervistato Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e Alte Professionalità della Scuola – già Associazione Nazionale Presidi (Anp), Antonello Giannelli, per chiedergli come stia affrontando il sistema scolastico l’emergenza Coronavirus e quali misure ha adottato nell’organizzazione del lavoro di tutto il personale scolastico.
Giannelli, come sta reagendo il sistema scolastico in piena emergenza Coronavirus? La didattica a distanza sta funzionando?
Per la didattica a distanza devo constatare che il sistema scolastico si sta dimostrando più impegnato di quanto alcuni potessero immaginare. È evidente che ci sono scuole già esperte in questo tipo di didattica, perché l’hanno praticata negli anni, a titolo sperimentale. Altre invece sono ai primi passi. Tuttavia, quello che sto notando in questi giorni è un intensissimo scambio di esperienze tra i docenti e le scuole che avevano già accumulato esperienza. Ogni giorno che passa il sistema scolastico si sta evolvendo verso una situazione e organizzazione sempre più moderna, prendendo consapevolezza di quello che si può fare, e lo fa ogni giorno di meglio.
I primi problemi sono nati riguardo alla mancata dotazione del sistema scolastico della strumentazione informatica ai docenti. Molti insegnanti utilizzano i loro computer, per esempio. A che punto siamo?
I docenti, dalla buona Scuola in poi, hanno avuto 500 euro l’anno da dedicare all’aggiornamento e anche all’acquisto di attrezzature telematiche, tra cui anche Pc, Tablet e così via. Quindi, onestamente che i docenti non dispongano di queste attrezzature non mi sembra veritiero. Dopodiché è evidente che devono utilizzare le loro attrezzature da casa, dato che a scuola non ci si può andare. O meglio, si può andare ma in modo sporadico.
Gli insegnanti riescono a lavorare da casa?
L’obbiettivo dei provvedimenti adottati del Governo è proprio quello di evitare gli spostamenti, quindi i docenti devono stare a casa, loro che possono. Ci sono altri lavori dove non è possibile il lavoro a distanza, ma fare lezioni da casa è ben possibile. Non è neanche una questione di attrezzature sofisticate. Quello che serve sono i software, come ad esempio Microsoft Lync, che permette di fare tanto, oltretutto fa parte del pacchetto Office. Quindi niente di particolarmente sofisticato.
È lecito anche utilizzare i social network, come Facebook, o programmi di messaggistica istantanea come Whatsapp?
Quello è banale, tutti hanno queste applicazioni. Certo, con Whatsapp non si possono fare cose più raffinate, consente una didattica a distanza molto basica. Si possono mandare e ricevere file, oppure un video con una lezione registrata e inviarlo agli studenti; ma non consente una video-chiamata in diretta con 20-25 studenti contemporaneamente.
L’uso di queste piattaforme nella didattica prevede la condivisione, tra docenti e studenti, di informazioni che sfociano nella sfera privata, come il numero di cellulare, oppure il profilo social. Secondo lei è un problema o si può classificare come una polemica?
Si, le qualificherei come polemiche. Onestamente non mi sembra neanche adeguata alla serietà del momento. Credo che di fronte a una emergenza come questa, tutti debbano assumersi le loro responsabilità e dare il loro contributo per fare andare avanti un Paese che ha qualche problema. Questo tipo di situazioni di de-responsabilizzazione per me non sono minimamente condivisibili. La figura del docente è prima di tutto una figura etica; se rinunciamo all’etica, possiamo anche chiudere la Scuola per davvero.
Per quanto riguarda gli studenti che quest’anno affronteranno la maturità, il sistema scolastico come pensa di muoversi?
Abbiamo precedenti legati a eventi sismici di qualche anno fa, oppure ad altri fenomeni naturali, come crolli, alluvioni. In queste circostanze, gli studenti sono sempre stati esaminati e interrogati, tenendo ovviamente conto di quello che è accaduto. I docenti non sono persone fuori dal mondo.
La paura degli studenti di non riuscire ad affrontare serenamente la maturità quindi è infondata?
L’idea di un docente come una persona avulsa dalla realtà, che interroga e pretende che uno studente conosca delle nozioni a prescindere da quello che è accaduto nel mondo è una visIone un po’ irrealistica. Non a caso le commissioni sono formate da più persone; quindi, anche se ogni tanto capitasse un docente ti questo tipo, ci penserebbero gli altri commissari a fare presente qual è la reale situazione. Non ho preoccupazioni in tal senso. Dico agli studenti di non preoccuparsi.
È proprio necessario che il personale amministrativo sia presente nelle Scuole?
Dipende, quando esiste la possibilità di ricorrere allo smart working allora si utilizza questa forma di lavoro agile. Però ci sono situazioni che richiedono la presenza all’interno della Scuola, come ad esempio il ricevimento del pubblico, che non è sospeso, è contingentato in quanto non ci devono essere assembramenti. In orario di ricevimento quindi si fa passare un genitore alla volta, però almeno un assistente amministrativo ci deve stare in questi orari.
Gli amministrativi che lavorano in smart working come si sono organizzati?
Scrivono lettere, provvedimenti, spediscono la documentazione per posta elettronica, oppure utilizzano software di segreteria che permettono di lavorare in remoto e permettono di elaborare documentazione ufficiale, protocollata e così via. Il lavoro procede comunque.
Quindi possiamo smontare la fake-news secondo la quale il personale docente e amministrativo sono in vacanza o senza lavoro.
Si esatto, lavorano ma a distanza. Il discorso dello smart working è valido anche per altri tipi di lavoro, quindi non vedo perché si pensi non debba applicarsi anche al sistema scolastico. Sia i datori di lavoro privati che pubblici stanno cercando di attuare al massimo il lavoro a distanza e noi non siamo da meno.
Tra i docenti esistono resistenze riguardo il lavoro agile?
Esiste chi ha un’idea un po’ ottocentesca del lavoro, per cui si lavora soltanto andando fisicamente a Scuola. Invece un docente può lavorare addirittura di più rimanendo a casa, con le video-lezioni, correggendo i compiti: insomma il fatto che non vada a scuola non significa che non lavori. Il lavoro sta cambiando e c’è chi non lo vuole accettare o semplicemente non lo capisce.
Non vorrei fare un discorso generazionale, io sono un Millenial, ma ai miei tempi c’erano molti docenti che non sapevano utilizzare un PC correttamente, e vengo dal corso Programmatori… Questo problema è ancora attuale?
Si, certamente, però gli strumenti informatici di oggi sono diventati più user-friendly. Mentre 20 anni fa, per usare un Pc, bisognava essere un po’ più informatici, ora si può essere a digiuno della materia e riuscire a usare tranquillamente software sofisticati, proprio perché più semplici, in particolare quelli per la didattica a distanza.
Quindi siamo “fortunati” che il progresso tecnologico sia cresciuto così velocemente da poter affrontare questa emergenza…
Certo, e le dico di più: se fosse successo secoli fa, avremmo avuto una pestilenza. Un tempo erano parte della vita integrante di tutti. Oggi con i vaccini, che alcuni osteggiano, le abbiamo debellate; infatti quando esce un virus come questo, senza un vaccino pronto, è sotto gli occhi di tutti come sia in grado di mettere in ginocchio una nazione, o comunque di alterare il sistema di vita di tutti. Nel medioevo si moriva come mosche e basta.
Emanuele Ghiani