Non sappiamo se le intese raggiunte il 14 marzo tra Governo, associazioni datoriali e sindacati dei lavoratori e formalizzate in un ‘’ Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” potranno superare le difficoltà delle imprese (soprattutto piccole e medie) a riorganizzare la produzione sulla base degli impegni assunti dalle loro rappresentanze e le legittime, sacrosante preoccupazioni dei lavoratori per la loro salute e quella delle loro famiglie. La sfida è estremamente ardua anche perché si svolge su di un terreno sconosciuto in condizioni di grande incertezza e precarietà. Tuttavia, quel protocollo costituisce di per sé una gloriosa pagina nella storia del Paese, se non altro per l’impegno e la volontà dimostrati dalle parti sociali di sottrarsi allo spirito da ‘’8 settembre’’ che ormai ha contagiato tutto il mondo sviluppato, quell’emisfero settentrionale del pianeta che non è più capace di soffrire.
Nella tradizionale cultura contadina, in caso di catastrofe, la priorità era quella di salvare le sementi prima ancora del raccolto, perché solo in questo modo rimaneva la speranza di poter rinascere, per coloro che fossero riusciti a scampare alla distruzione e alla morte. Sono molte significative le considerazioni svolte dal leader della Cgil, Maurizio Landini: ‘’ Importante – ha spiegato – sono i comportamenti. A chi ha paura dobbiamo dire che le nostre azioni rispondono alle loro paure. “Non è possibile fermare il paese – ha concluso- ma è importante che affrontiamo l`emergenza dando sicurezza a chi lavorare distinguendo l` essenziale (ad esempio sanità, filiera alimentare, servizi pubblici…) da ciò che é rinviabile”.
Ecco le parole chiave che ci aspettavamo in questo momento: ‘’Non è possibile fermare il paese’’ è il nostro ‘’whatever it takes’’, condiviso, come ha detto Anna Maria Furlan (‘’ Abbiamo riscontrato un clima di grande unità e responsabilità stamattina nella video conferenza con il Governo’’) da tutti i protagonisti in campo. Il segnale è chiaro: occorre avere la consapevolezza che non ci sono due tempi. È un’illusione credere di poter affrontare l’aggressione all’economia solo dopo aver superato l’emergenza sanitaria.
Anche se ridotta e subordinata alle primarie esigenze della salvaguardia della salute, la produzione non può andare in quarantena; le macchine devono continuare a girare negli opifici. Anche le istituzioni lombarde – che pure avevano chiesto al governo un blocco totale di ogni attività – se ne sono rese conto ed hanno raggiunto un’intesa con la Federchimica per non interrompere l’attività produttiva di un settore tanto più strategico in frangenti come gli attuali. Certo, non possiamo aspettarci che tutto vada liscio, che non vi siano conflitti, che regni sovrana l’armonia tra datori e lavoratori quando sono in gioco valori tanto essenziali. In queste ultime tragiche ore vi è stato un incrocio di intenti – da remoto come si dice ora – tra due avversari storici: la Cgil di Landini e la Fca.
‘’Le mie priorità in questo momento – ha affermato il ceo Mike Manley – sono la salute e la sicurezza della famiglia Fca e stiamo intraprendendo azioni specifiche per proteggere tutti i nostri dipendenti, sia in stabilimento che in ufficio. In secondo luogo, stiamo gestendo l’azienda per garantire la continuità operativa, concentrandoci in particolare sulle linee di produzione e sulla pianificazione dei prodotti”. Un impegno a cui Landini dà fiducia: ‘’ Ci sono scelte organizzative che possono essere fatte. Come a Fca che dopo l’accordo con i sindacati sanifica impianti e riduce la produzione’’.
Giuliano Cazzola