Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Filca Lombardia, Angelo Ribelli, per chiederli qual è situazione dell’edilizia nella regione che misure stanno adottando per gestire il contagio.
Ribelli, la Lombardia è l’epicentro della crisi da corona virus. Qual è la situazione dal vostro punto di vista?
La situazione del nostro settore, che comprende legno, marmo, manufatti, rispecchia un po’ tutta la situazione dell’industria: c’è una grande preoccupazione sui posti di lavoro per la sicurezza dei lavoratori .Abbiamo già metà del settore fermo.
Come valutate le misure del governo per contenere la diffusione del Coronavirus?
Noi abbiamo chiesto il fermo delle attività produttive. È vero che esistono dei protocolli di sicurezza, ma difficilmente si riescono ad applicare. Era più efficace fermare le attività produttive la settimana scorsa. Chiudere prima, per riprendere a lavorare prima. Da noi, tutta la fascia più industrializzata, come Bergamo, è un disastro.
Perché è difficile applicare i protocolli di sicurezza?
Esiste qualche impresa illuminata che ha fermato i lavori già dieci giorni fa. Ma il resto delle imprese… Noi abbiamo lavoratori che si spostano in camioncini da sei o nove persone che scorrazzano su e giù per la Lombardia; come si fa a mantenere un metro di distanza? E consideri che spesso sono senza mascherine. Siamo in difficoltà a seguire queste realtà, sopratutto in questo periodo. Tenga conto che la media dei lavoratori in una impresa edile è quattro dipendenti. Non è una fabbrica, non è Fca. Vuol dire che non è presente nessuna figura che ci consente di vigilare, come ad esempio le Rsu, rappresentanti per la sicurezza e così via.
Quindi è già difficile monitorare….
Esattamente. I lavoratori ci chiamano per telefono e chiedono informazioni, chiarimenti, rassicurazioni. Ma non potendosi rapportare direttamente dal vivo con le persone è molto diverso. Anche perche’ non e’ possibile, per le limitazioni, andare in giro a verificare cosa succede.
Pero’ per motivi di lavoro potete lo stesso spostarvi, no?
Si, ma solo per comprovate esigenze di lavoro. Quindi ci deve essere una chiamata, una segnalazione, insomma una situazione di un certo tipo. Il classico giro cantieri è sospeso. Poi come sindacato dobbiamo anche tutelare i sindacalisti stessi. Mandare in giro gente per i cantieri non è un’ attività che si può fare così alla leggera. Infatti ormai cerchiamo di fare tutto per telefono. Anche perché parecchie sedi territoriali sindacali sono chiuse per motivi sanitari. Tutti i numeri di telefono ovviamente sono attivi. Siamo in una fase dove si è fermato un po’ tutto, anche le relazioni sindacali.
Quali sono le vostre proposte per cambiare la situazione?
Abbiamo fatto oggi un ulteriore appello congiunto, anche con le parti datoriali, per rafforzare la richiesta della chiusura delle attività produttive per almeno un paio di settimane, anche tre. Vedremo se il Governo nel fine settimana ci ascolta o meno. Consideri che ci sono cantieri che non partono o non vanno avanti da anni, quindi francamente non mi pare un’ attività di primaria necessità. Inoltre, molte imprese sono andate avanti lo stesso anche perché avevano paura di rincorrere in penali se non rispettavano le scadenze. Adesso è diverso, la recente circolare del ministero sembra abbia chiarito la situazione, superando le penali, riconoscendo quindi come causa di forza maggiore il momento che stiamo vivendo. Oggi, chi si ferma non incorrerà in ulteriori problemi. Un motivo per tenere aperto è caduto.
Quali sono gli altri motivi per continuare l’attività adesso?
Guardi, in Lombardia stanno ancora lavorando in molti. A parte le attività commerciali, tutti gli altri, da chi fa i mattoni fino agli alimentari sono aperti, non esiste una ordinanza per fermarli. Riconosco che man mano che giorni passavano e si capiva la gravità del problema, qualche impresa in più ha cominciato a chiudere.
Quindi ogni giorno che passa stanno chiudendo via via tutti?
Tutte le imprese sono connesse e tra poco ci sarà effetto domino. Se comincia a fermarsi qualcuno, tutta la catena inizia a rallentare e diventerà quindi controproducente continuare a lavorare. Infatti questa settimana tante aziende hanno cominciato a mandare le comunicazioni per l’apertura della cassa integrazione. E la prossima settimana ne arriveranno ancora di più.
Pensa si risolverà come e quando, questa terribile situazione?
Quando oramai i contagi sono diventati così tanti è difficile contenere. Nel Lodigiano, quando è iniziato il contagio, è stata fatta la prima zona rossa: quello era il provvedimento che bisognava applicare a tutta la Lombardia. Bloccare tutto. Due settimane. Il fenomeno non si è risolto, ma si è molto contenuto. Il problema di trovare un posto in ospedale, fatto che terrorizza tutti gli italiani, in questo modo si riusciva a gestire meglio. Speriamo tutto torni presto alla normalità. A volte mi viene da piangere quando guardo fuori la sera, alle sette, qui sotto c’è la statale che collega vari paesi e di solito c’è una fila unica e adesso non c’è un’ anima. Ogni tanto una ambulanza. È veramente surreale.
Emanuele Ghiani