‘’La sfida è estremamente ardua anche perché si svolge su di un terreno sconosciuto in condizioni di grande incertezza e precarietà. Tuttavia, quel protocollo costituisce di per sé una gloriosa pagina nella storia del Paese, se non altro per l’impegno e la volontà dimostrati dalle parti sociali di sottrarsi allo spirito da ‘’8 settembre’’ che ormai ha contagiato tutto il mondo sviluppato, quell’emisfero settentrionale del pianeta che non è più capace di soffrire’’. Così scrivevo a commento del Protocollo ‘’ di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, sottoscritto il 14 marzo scorso.
Probabilmente a scomodare la storia ho esagerato; ma noi anziani – specie se ex sindacalisti – siamo sempre un po’ ‘’tromboni’’; ci illudiamo che tutto sia come una volta, quando i ‘’Grandi Sauri’’ – dentro e fuori dalle fabbriche – non si erano ancora estinti. Chi scrive ha avuto l’onore di conoscere, da giovane militante, persone, assolutamente normali, che durante la guerra avevano continuato a lavorare sotto le bombe e, quando era venuto il momento, le avevano difese per impedire ai tedeschi di smontare i macchinari e portarli in Germania o di distruggerli. C’era la consapevolezza che non avrebbe avuto senso sopravvivere nel presente se non vi fosse stata la garanzia di un futuro.
Era evidente che quella scommessa delle parti sociali, del 14 marzo, era più facile da perdere che da vincere. Quando tutto un Paese ‘’ marca visita’’, i lavoratori hanno il diritto di essere preoccupati per la propria salute e quella dei loro cari. Tanto più quando i cronisti del patriottismo pantofolaio li prendono di mira quando, stanchi per una giornata di lavoro, rincasano con la metropolitana o il tram. Costretti a sedere uno vicino all’altro, perché il numero delle corse è stato ridotto, vengono accusati di non attenersi alle norme antivirus ed indicati, alla famiglie sedute davanti alla tv, come i possibili ‘’untori’’ dei loro figli. ‘’Irriducibili’’, ‘’maniaci’’, ‘’profittatori’’: anche avere un cane ed accudirlo come si deve è diventato un privilegio.
Non c’è da stupirsi, allora, che il Protocollo stia andando a gambe all’aria prima che il gallo abbia cantato per un’intera settimana. Così – spinti da una base preoccupata (del resto non è un’impresa facile mettere in sicurezza un’azienda da un virus fantasma senza avere a disposizione vere e proprie squadre di ‘’gostbusters’’)- hanno imposto al premier di rivedere l’elenco delle cessazioni di attività in precedenza definito coerentemente con gli impegni sanciti nel Protocollo. Non contenti delle misure adottate Cgil, Cisl e Uil hanno minacciato lo sciopero generale. Intanto, in Lombardia, le federazioni regionali di importanti categorie dell’industria hanno già deciso di scioperare mercoledì. Sarà un nuovo tipo di astensione dal lavoro: lo chiameranno lo ‘’sciopero del divano’’ Per l’occasione l’autore sta riscrivendo il testo glorioso di ‘’Contessa’’: Compagni dai campi e dalle officine prendete la falce, portate il martello, mettete la maschera e state in tinello’’.
I tempi cambiano. Nel 1969, all’epoca dell’autunno caldo, era in corso un’altra epidemia, la Hong Kong: con milioni di contagiati, migliaia di morti, ospedali in crisi. Mettiamo il caso che il governo di allora (presieduto da Mariano Rumor) avesse ritenuto necessario evitare la diffusione del contagio imponendo agli italiani la quarantena. Quanto meno i sindacati (metalmeccanici, in primis) avrebbero denunciato la strumentalità del provvedimento allo scopo di impedire ai lavoratori l’esercizio dei propri diritti.
Staremo a vedere. Comunque il giorno in cui si svolgerà lo sciopero generale a domicilio, un Giorgio Forattini redivivo potrebbe immortalare quell’evento disegnando Cipputi in pigiama e ciabatte che fa colazione col solito caffè latte, mentre da fuori della finestra giungono gli ululati delle ambulanze.
Giuliano Cazzola