Fca è stata tra le prime aziende a chiudere quando ancora non era obbligatorio farlo, e sarà anche una delle prime a ripartire, forse anche prima della scadenza del lockdown, attualmente indicata dal governo per il 4 maggio. E questo grazie a un accordo raggiunto nei giorni scorsi con tutti i sindacati, tredici pagine che indicano una serie di misure per consentire di riavviare la produzione in condizioni di sicurezza per i lavoratori. E che siano ottime e credibili indicazioni lo conferma anche l’imprimatur del virologo Roberto Burioni, chiamato a svolgere il ruolo di super consulente per tutte le aziende del gruppo Exor. L’accordo Fca, insomma, indica a tutti una strada percorribile dal punto di vista sanitario, ma segna anche una piccola rivoluzione nelle relazioni tra Fca e sindacati, considerato che anche la Fiom, generalmente non simpatizzante per il Lingotto, lo ha approvato con totale convinzione.
Ne abbiamo parlato con Pietro De Biasi, capo delle relazioni industriali del gruppo, che ha seguito le fasi dell’intesa.
De Biasi, colpisce che in questi giorni Maurizio Landini porti spesso come esempio da seguire per la riapertura delle attivita’ industriali nel nostro paese proprio l’accordo con Fca. Sarebbe forse fuori luogo dire che grazie a un’ emergenza sanitaria così grave avete ritrovato l’armonia, ma sta di fatto che oggi la Fiom e la Cgil vi citano continuamente come esempio di buone relazioni. Come li avete conquistati?
Ci siamo trovati, tutti, in una situazione di straordinaria emergenza. Per questo abbiamo deciso che i nostri contrasti sulle tematiche sindacali, che pure ci sono e restano, andavano al momento messi da parte, perché non sarebbe stato ragionevole farli pesare in questa circostanza. Esattamente come si dice che governo e opposizione, nelle emergenze, devono collaborare, nello stesso modo, in piccolo, noi abbiamo messo da parte le divergenze con la Fiom per collaborare. E lo stesso ha fatto la Fiom. Landini ha riconosciuto questo reciproco sforzo.
Anche i tempi della trattativa per raggiungere l’accordo sono stati rapidi.
Sono stati rapidi, si, e d’altra parte il tempo non era una variabile indipendente, volendo essere pronti per la riapertura. Abbiamo lavorato in modo serrato, con tutti i sindacati.
Avete anche ingaggiato Roberto Burioni come super consulente. Un riconoscimento importante al ruolo chiave scienza, e anche una sorta di bollino di garanzia sul vostro accordo.
Burioni svolge il ruolo di consulente per tutte le aziende del gruppo Exor, e ha seguito anche gli altri accordi, quelli di Ferrari, e adesso di Cnh Industrial. Ma abbiamo con noi anche molti altri scienziati di elevata competenza: siamo bene attrezzati da questo punto di vista.
Nelle tredici pagine dell’accordo ci sono tante cose di buon senso, ma nulla di particolarmente rivoluzionario. E anche questo stupisce: che alla fine sia tutto sommato il buon senso a dettare le regole per la sicurezza sanitaria nella gravissima emergenza Covid.
Era chiaro che dopo il lockdown non si poteva pensare di ricominciare come se nulla fosse. Ed era importante trovare il sistema di essere pronti a ripartire in maniera adeguata. Il nostro ragionamento è stato immaginare qualcosa di fattibile: non una esibizione di conoscenza o di stile, ma qualcosa di molto concreto che ci consentisse di riavviare la produzione non appena possibile. Avevamo fatto un accordo con i sindacati gia’ prima del lock down, che poi e’ confluito in quello più generale firmato dai confederali i 14 marzo. Quindi avevamo già approfondito e studiato il tema e avevamo, diciamo, un bagaglio di base che abbiamo implementato.
Alla base del vostro accordo ci sono le ormai famose, o famigerate, mascherine. Ne prevedete una dotazione di ben due al giorno per ciascun dipendente. Sono grandi numeri, dove pensate di rifornirvi?
All’inizio le abbiamo cercate in tutto il mondo. Ma viste le difficoltà, e considerato che senza le mascherine non si inizia nemmeno a discutere di riaprire, qualunque attivita’, abbiamo anche deciso di aiutarci da soli: abbiamo una rete di aziende che le producono per noi, la prima ha già iniziato, a Shangai, altre seguiranno.
A differenza dell’accordo Ferrari, in Fca non sono previsti test o tamponi sui lavoratori, ne’ si accenna a una app di tracciamento come quella che si sperimenterà a Maranello. Come mai?
Non ci sono riferimenti ad app o a test perchè sono argomenti sui quali aspettiamo le decisioni del governo. La Ferrari ha un solo stabilimento, in una sola regione, con la quale è possibile prendere accordi e avviare una particolare sperimentazione. Fca ha stabilimenti in molte regioni diverse, dunque dobbiamo necessariamente attendere decisioni nazionali. Perché è chiaro che l’app per il tracciamento ha senso solo se è la stessa per tutto il territorio nazionale.
Il distanziamento necessario a garantire la sicurezza in fabbrica vi richiederà una revisione profonda nell’organizzazione del lavoro, immagino; e negli stabilimenti Fca non e’ un fatto banale. Come vi organizzerete?
Quella che abbiamo previsto è un’organizzazione del lavoro di emergenza, chiaramente. Il distanziamento richiederà un ciclo di produzione diverso, e rallentato. Soprattutto nei grandi stabilimenti sarà indispensabile un riadattamento di tutto il ciclo produttivo. L’accordo vale fino al 31 luglio, ma è chiaro che si naviga a vista e che serviranno aggiustamenti in corso d’opera.
Fca può, attraverso con questo accordo, assumere una sorta di ruolo guida per indicare al mondo delle imprese, e forse anche alla politica, la via giusta per la ripartenza?
Non so dirle, ma, come lei osservava, non è che nel nostro accordo ci siano cose particolarmente rivoluzionarie. Abbiamo maturato una notevole esperienza anche a livello internazionale, e abbiamo semplicemente cercato il modo migliore per valorizzarla.
Restano altri problemi aperti però, e che non dipendono da voi. Potranno rappresentare un ostacolo al riavvio delle produzioni? Mi riferisco in particolare ai trasporti e alla scuola.
La gestione a livello sociale, soprattutto i trasporti e la scuola, sono elementi chiave, che non dipendono da noi, ma che ovviamente si, costituiscono un problema. Nel trasporto abbiamo fatto quello che potevamo, cioè abbiamo messo grandi spazi a disposizione come parcheggio per i dipendenti, e in alcune regioni come la Basilicata, abbiamo fatto accordi per il rafforzamento dei trasporti regionali. Ma sapendo che non è esaustivo del problema. E poi la scuola: chiusa fino a settembre, rappresenta un problema d gestione famigliare non da poco. Ma appunto, risolvere questi problemi è appannaggio del governo e delle varie task force.
Avete già idea di quando ripartirete con la produzione?
Noi siamo pronti, abbiamo fatto un lavoro pragmatico per ripartire appena possibile e aspettiamo le decisioni. Se vi sarà prima del 4 maggio qualche apertura, noi siamo pronti.
Nunzia Penelope