Quattro giorni dopo il barbaro assassinio ad opera delle Brigate Rosse di Ezio Tarantelli, avvenuto il 27 marzo 1985, sulle colonne di “Repubblica” appariva postumo un suo scritto dal titolo “I dieci comandamenti per salvare l’Europa”.
Tarantelli, economista di Scuola keynesiana e allievo del Premio Nobel Franco Modigliani e di Federico Caffè, teorico del modello della politica dei redditi fondato sulla predeterminazione dell’inflazione, che fu alla base del decreto di San Valentino del Governo-Craxi del 1984 e degli accordi triangolari del 1992 e del 1993, in quell’articolo, che anticipava un saggio pubblicato nel 2010, lanciò la proposta dello “scudo dei disoccupati”.
Si trattava, semplificando molto, di una moneta, lo scudo europeo, che anticipava l’euro, da emettere per riportare il numero dei disoccupati europei entro la media del 10%, assegnando al Fondo Sociale Europeo il compito di ripartirla proporzionalmente al numero di senza lavoro presenti in ogni Paese. Lo scudo europeo diveniva strumento di riserva delle banche centrali, per finanziare “sussidi di disoccupazione, programmi di addestramento e riqualificazione professionale e di investimenti produttivi (…) chi ha più disoccupati ha più diritti di prelievo, in base al ben noto principio di stabilizzazione automatica della domanda aggregata”. Una proposta dotata di spessore teorico e lungimiranza politica al limite del profetico, poiché se l’Europa avesse scelto questo strumento in luogo dell’euro e delle politiche economiche restrittive, avremmo oggi un’Unione basata sul lavoro e i diritti sociali e non sull’austerity e il mercatismo e non saremmo a discutere di Fondo Salva-Stati e restituzione dei debiti, né di egoismi nazionali, al tempo della nuova peste.
Ma l’idea di Tarantelli può vivere ancora oggi ed essere attualizzata a fronte del dramma della pandemia da coronavid-19, che rischia concretamente di generare, con la globalizzazione disumana, un effetto-domino sull’economia mondiale, che potrebbe fare impallidire financo la “Grande depressione” conseguente al crollo di Wall Street del 1929.
Si potrebbe costituire presso la Banca Mondiale un fondo, che attraverso uno “scudo globale” monetario divenga strumento di contrasto dei seri rischi di depressione e disoccupazione di massa mondiali, conseguenti alla diffusione del coronavirus, attraverso un diritto di prelievo dei Paesi membri per ripristinare il ciclo economico su economia e occupazione a livello planetario, oltre a investimenti per i gravi problemi sanitari e per l’ambiente.
Come è noto, la Banca Mondiale è un’istituzione internazionale di sviluppo fondata nel 1944 a seguito degli Accordi di Bretton Woods, per promuovere la crescita economica e ridurre la povertà. Tra le sue funzioni c’è quella di gestire prestiti ai Paesi, in genere appartenenti al Sud del mondo, e pianificare il saldo dei debiti sovrani, ma realizza anche anche interventi per lo sviluppo economico e per stimolare processi di riforme sociali.
Certo, per creare uno scudo monetario contro le conseguenze della peste del XXI secolo, si dovrebbero superare nazionalismi da una parte e il neo-liberismo mondialista dall’altra, in gioco c’è la vita futura degli abitanti di tutto il pianeta.
Maurizio Ballistreri, Professore di Diritto del Lavoro nell’Università di Messina – Direttore dell’Istituto di Studi sul Lavoro