Una ventata d’aria fresca. Dopo settimane e mesi in cui, nel nostro Paese, chi segue il dibattito economico, se così vogliamo chiamarlo, ha dovuto sentire di tutto e di più, con una gamma variegata di errori e di orrori che è andata dalle vere e proprie fake news agli strafalcioni più impresentabili, mischiati fra loro in un flusso che è stato definito “surreale”, finalmente – oggi – si è potuto ascoltare un’analisi in cui date, dati e concetti sono tornati al loro posto. Di più, sono stati messi in fila in un discorso dotato non solo di senso, ma anche della capacità di ispirare una razionale azione politica.
Stiamo parlando, ovviamente, delle Considerazioni finali alla Relazione annuale che sono state svolte, a metà mattinata, dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Ora si può dire che da quando Visco è alla guida dell’Istituto di via Nazionale, l’Europa, o per dir meglio l’Unione europea, costituisce, assieme, il baricentro delle sue analisi e la loro prospettiva.
Oggi, se possibile, questa impostazione, è stata rafforzata. Nel senso che, in mezzo all’attuale crisi pandemica da Covid-19, non si può più parlare di un discorso caratterizzato da un’impostazione europeista, ma di un punto di vista pienamente europeo. E del resto, non è strano che sia così. Perché nel determinare un orientamento di pensiero, non contano solo gli studi fatti e gli argomenti approfonditi da chi ne è portatore. Contano anche le esperienze vissute. E, da questo punto di vista, vale sicuramente non poco il fatto che la Banca d’Italia sia ormai, da anni, un Istituto pienamente integrato nel sistema delle Banche centrali dei Paesi che si sono dotati dell’euro. Quel sistema che, infatti, fa capo alla Banca centrale europea. Una Banca che, come si sa, fino a pochi mesi fa è stata guidata con rara perizia e polso fermo da Mario Draghi, oggi non casualmente presente in prima fila fra quelli che si sono riuniti per ascoltare dal vivo, ancorché dotati di mascherina, le parole di Visco.
Ma veniamo ai contenuti specifici delle Considerazioni finali di quest’anno. La prima cosa che balza agli occhi è che proprio la visione, come si è detto, non solo europeista ma compiutamente europea è ciò che consente a Visco di non condividere quella visione autocommiserativa che unisce, talvolta, populisti e sovranisti nostrani, ma anzi di avere e offrire una visione convinta dell’importanza del nostro Paese.
“Il recupero di una crescita sostenuta e duratura da parte dell’Italia – osserva Visco – è importante anche per le prospettive dell’intera economia europea”. Infatti, “l’Italia è il terzo paese dell’Unione per popolazione e per prodotto”. Qualche dato: “Tenendo conto dei beni intermedi scambiati nelle catene europee del valore, contribuiamo per il 14 per cento alle esportazioni verso altri paesi” non facenti parte dell’Unione. Inoltre, “l’Italia detiene nel resto d’Europa investimenti diretti per quasi 300 miliardi e di portafoglio per oltre 1.200”, mentre “nell’ultimo decennio si sono in media trasferiti nel nostro paese più di 100.000 cittadini europei all’anno” e mentre “concorriamo in maniera decisiva ad arricchire le attrattive dell’Europa come destinazione turistica e di investimento” (pag. 15).
“Allo stesso modo – avverte Visco – l’Europa è importante per l’Italia”. A tal proposito, bisogna tener conto, in primo luogo, del fatto che “i paesi dell’Unione europea costituiscono il principale mercato di sbocco della produzione italiana: ad essi è destinato il 50 per cento delle nostre esportazioni”. Ma c’è poi una considerazione più complessa: “Le tensioni commerciali, innescate nel 2018 dal riemergere sulla scena globale di pulsioni protezionistiche, avevano già messo in risalto l’importanza politica ed economica del progetto europeo nel far fronte a un contesto mondiale di crescente complessità”. A ciò si aggiunge il fatto che “la pandemia ha accentuato bruscamente il calo degli scambi internazionali e ha evidenziato i rischi connessi con una frammentazione della produzione, fondata su catene di valore distribuite globalmente, straordinariamente elevata”.
Ora, “se l’arretramento della globalizzazione continuerà dopo la crisi, le prospettive di crescita dei paesi europei dipenderanno più di prima dalla domanda interna dell’area e dalla loro capacità di agire uniti”. Ne segue che “l’Unione europea è una risorsa formidabile per i suoi cittadini”. Infatti, la “dolorosa esperienza della pandemia rende oggi ancora più forti le ragioni, non solo economiche, dello stare insieme” (pag. 16).
Prima di arrivare a questo punto del suo ragionamento, Visco ha già ripercorso, nelle prime pagine di queste sue Considerazioni finali, la panoplia di interventi realizzati o avviati dalle diverse istituzioni dell’Unione europea per contrastare le conseguenze economiche del lockdown imposto dall’emergenza coronavirus.
“Il Consiglio direttivo della BCE è intervenuto con immediatezza”, ricorda Visco, osservando che “la portata degli interventi finora stabiliti è senza precedenti” (pagg. 4 e 5). E ricordando poi l’insieme degli strumenti già varati o almeno progettati dal Consiglio dell’Unione europea, dall’Eurogruppo, dal Meccanismo europeo di stabilità, dalla Banca europea degli investimenti e, infine, dalla Commissione europea. Andando così dal Sure (Support to mitigate Unemployment in an Emergency) fino al cosiddetto Next Generation EU, meglio noto come Recovery Fund (pagg. 6-7).
Ma, saltando a piè pari l’insensato dibattito pseudopolitico svoltosi in Italia in queste settimane attorno a quesiti di corto respire, del tipo se sia meglio il Mes oppure il Recovery Fund, Visco ci offre un utile richiamo al buonsenso: “Ogni paese deve utilizzare le risorse messe a disposizione dalle Istituzioni europee con pragmatismo, trasparenza e, soprattutto, in maniera efficiente”. E arriva poi alla considerazione fondamentale: “I fondi europei non potranno mai essere ‘gratuiti’: il debito europeo è debito di tutti e l’Italia contribuirà sempre in misura importante al finanziamento delle iniziative comunitarie”. E ciò perché, come si è già visto, il nostro Paese costituisce “la terza economia dell’Unione”. “Ma – ecco il punto – un’azione comune, forte e coordinata potrà proteggere e contribuire a rilanciare la capacità produttiva e l’occupazione in tutta l’economia europea”.
Infatti, “l’importanza della recente proposta della Commissione”, cioè la cosiddetta Next Generation EU, “non sta nella sostituzione di un prestito con un trasferimento, ma nell’assunzione collettiva di responsabilità per il finanziamento della ripresa: sarebbe il primo passo verso un’unione di bilancio e il completamento del disegno europeo”.
E qui bisogna dire che il sagace uso del condizionale “sarebbe” ci fa capire ancor meglio l’importanza della prossima riunione del Consiglio dell’Unione europea, prevista per il 18 giugno, ovvero quella in cui il Consiglio stesso sarà chiamato a vagliare la proposta formulata mercoledì 27 maggio da Ursula von der Leyen.
Siamo nelle ultime righe di queste Considerazioni finali. Righe in cui il ragionamento di Visco riprende slancio: “Abbracciare con convinzione questa idea, per disegnarla compiutamente e pianificarne l’attuazione, è una necessità non derogabile”. Infatti, “un impegno unitario è nell’interesse di tutti: le drammatiche circostanze di oggi rafforzano le ragioni dello stare insieme, spingono a proseguire un progetto che mobiliti risorse a sostegno di una crescita inclusiva e sostenibile”.
In sostanza, ci pare di capire che il Governatore della Banca d’Italia auspichi che dalla necessità di contrastare le disastrose conseguenze della pandemia, lockdown compreso, L’Unione tragga la forza per superare i tanti egoismi dei singoli Stati nazionali, facendo un “primo passo” verso quella che lo stesso Visco definisce una “unione di bilancio”. Che vorrebbe dire, finalmente aggiungiamo noi, andare oltre la moneta unica per completare il “disegno europeo”. Appuntamento al 18 giugno.
@Fernando_Liuzzi