Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Filt Cgil, Stefano Malorgio, in merito alla mobilità e alla situazione del settore dei trasporti. Per Malorgio, i sistemi di mobilità devono essere integrati e non entrare in concorrenza. Il rischio, sottolinea Malorgio, è che se non si cambia modo di organizzare i trasporti, in futuro si tenderà ad utilizzare sempre di più l’auto, con gravi conseguenze per tutto il settore.
Malorgio, qual è la situazione del settore dei trasporti?
Il settore si è diviso in due durante il lockdown, cioè il trasporto merci e passeggeri. Il trasporto passeggeri si è quasi totalmente fermato, con delle ricadute enormi sul settore del trasporto aereo, marittimo, ferroviario e autostradale. Dall’altra parte il trasporto merci ha mantenuto alcuni livelli di di produzione e addirittura in alcuni casi c’è stato un aumento, grazie principalmente all’e-commerce. In generale i trasporti non si sono mai fermati ma ci sono state dinamiche molto diverse.
Nel dopo lockdown c’è stata una ripresa nel trasporto viaggiatori?
La gente non è tornata nei mezzi pubblici, almeno dai dati che abbiamo ad oggi. L’indice di utilizzo è ben al disotto di quello che ci si aspettavamo, sia per quanto riguarda i treni che il trasporto pubblico locale. Insomma, siamo in una situazione complicata. Il decreto rilancio, che ha messo sul tappeto risorse importanti ma non ancora esaustive, ha influito sul settore. Inoltre abbiamo sottoscritto con il Mit un protocollo che regolamenta le modalità di lavoro dei lavoratori e il trasporto dei passeggeri in questa fase di convivenza con il virus.
Sul trasporto merci la situazione quindi è migliore?
E’ un settore che ha subito a sua volta una divaricazione, l’esplosione dell’e commerce da una parte e il trasporto merci che potrebbe subire l’onda lunga della crisi. Ad esempio un terminal di Genova si è fermato dopo tanti anni, perché al porto non arrivavano più navi, ed ha collocato i lavoratori in ferie.
Ma il 90% del trasporto merci è su gomma, quindi la situazione portuale può essere considerata marginale?
Il trasporto merci è soprattutto trasporto navale, questo dato non si dice mai, quindi prima vengono i container navali; le merci passano attraverso i porti e poi vengono trasportate poco su rotaia e un’altissima percentuale su gomma. Quindi dalla situazione portuale si riesce ad avere una fotografia precisa della realtà del trasporto merci.
Sul trasporto viaggiatori ci saranno cambiamenti?
È ancora una incognita, perché nessuno ha ben chiaro quanto si userà lo smart-working o il telelavoro, ne quindi non si riesce a prevedere con precisione l’andamento del fenomeno. Ci sono alcuni studi in merito che stimano una possibile riduzione permanente del numero dei passeggeri, anche dopo la fine della crisi, se si consolidassero le attuali forme di lavoro agile. Questo ci porta a ragionare non solo sulle risorse da mettere in campo nel settore, ma su una diversa idea di governo di tutto il sistema di trasporto.
Come immagina un sistema di mobilità diverso da quello esistente?
In primo luogo, è necessario avere un governo unico, un soggetto regolatore che sia in grado di mettere assieme le diverse offerte dei mezzi e di coniugare gli orari. Una persona si sposta da un punto A verso un punto B. Può prendere l’aereo, treno, bus e bici. Ci dovrebbe essere un sistema che faciliti l’interscambio di tutti questi mezzi di trasporto. Invece noi abbiamo dei modelli di trasporto che non dialogano tra loro, perdendo così occasioni di sviluppo. Il secondo punto è che dovremmo avere delle aziende del settore più grandi.
Perché?
Se diminuisce la domanda di trasporto, per l’aumento del lavoro agile ad esempio, le piccole aziende potrebbero non reggere economicamente questa riduzione. Quindi sarebbe auspicabile un sistema industriale che riesca a mettere assieme le aziende di trasporto. Infine, è necessario cambiare la politica tariffaria che consenta di spostare il focus dalla mobilita da lavoro, che potrebbe appunto diminuire, verso altre tipologie di viaggiatori, che usano i mezzi per altri motivi e che costituiscono il 50% dei passeggeri nelle grandi città, stimolando questi ultimi a utilizzare maggiormente i mezzi pubblici.
La micro-mobilità, come ad esempio le bici elettriche o i monopattini, potrebbero portare a una diminuzione dell’uso dei mezzi pubblici locali e quindi a un aggravamento della situazione del settore?
Dipende, se i sistemi non sono integrati e gestisti con intelligenza il rischio sarà semmai un aumento dell’uso della macchina. È necessario un sistema ferroviario che unisca i vari nodi, favorendo la mobilità dentro le città, attraverso anche lo sviluppo di sistemi di mobilità alternativa come appunto le bici. Ma è chiaro che questa micro-mobilità non potrà mai soddisfare appieno la domanda di mobilità esistente. Ribadisco, si deve pensare a sistemi integrati di mobilità, altrimenti se i vari sistemi entrano in concorrenza reciproca il risultato finale sarà sempre l’auto.
Nella pratica come si potrebbe realizzare questo interscambio dei mezzi di trasporto?
Bisogna dare delle funzioni specifiche al treno, evitando di sovrapporre le stesse tratte con il bus e razionalizzare così l’offerta. Ancora, si potrebbero rafforzare alcune linee di traffico specifiche, per intercettare altre tipologie di viaggiatori che hanno bisogno di una flessibilità dell’offerta di trasporto; ad esempio, permettere alle persone di scendere dal treno, oppure dalla macchina, parcheggiare in una zona di interscambio e prendere la bici in sharing oppure il bus, che a sua volta si collega alla metropolitana, insomma favorire l’interscambio dei mezzi. Se invece abbiamo una concorrenza delle diverse modalità di trasporto, vincerà sempre l’auto come mezzo preferito dai viaggiatori, principalmente per la semplicità d’uso.
Quindi le bici, anche elettriche, sono utili purché siano integrate con un sistema di trasporto.
Esatto, vanno bene questi sistemi di micro-mobilità, ma a condizione che dialoghino sempre con il resto della città, altrimenti si aiutano giusto i produttori di bici, ma sul piano della mobilità delle persone non ci sono miglioramenti. Il bike sharing per esempio è un buon sistema, evita la fatica di doversi caricare la bici in treno o in metropolitana, però sono necessarie le piste ciclabili, e anche questa infrastruttura è una forma di integrazione.
Un cambio così ampio della mobilità è già praticabile?
In parte, perché per fare ragionamenti di questo tipo ci vuole l’idea della città. Quindi sono sicuramente utili maggiori risorse nel settore, ma per un uso corretto è indispensabile sapere dove le persone si spostano e quindi se e dove esiste la necessità di attivare delle tratte o rafforzarle. Per esempio, quando si realizzano i piani regolatori delle città, quindi i quartieri e le nuove aree da costruire, si dovrebbe partire dai sistemi di trasporto disponibili. Non è più pensabile che le persone si spostino con un solo mezzo, serve la cosiddetta “rottura di carico”, cioè usare mezzi diversi e integrati tra loro.
Chi si dovrebbe occupare di organizzare questo tipo di cambio della mobilità?
È la Regione, che a sua volta dovrebbe organizzarsi con le aree metropolitane. Si mette insieme il governo dei trasporti offerto dalla Regione e il sistema di orari della città e i piani regolatori delle le aree metropolitane. Servirebbero queste cabine di regia, ma purtroppo in Italia non esistono. Addirittura, Regione e Aree Metropolitane sono sempre in scontro tra di loro e di conseguenza il sistema dei trasporti non è mai fatto bene. Sono le grandi città che dovrebbero dire alla Regione che tipo di esigenze hanno, e sulla base di queste la Regione dovrebbe disegnare il sistema dei trasporti che metta insieme tutti i mezzi possibili.
In questo periodo di Fase 2, discutere sul cambio della mobilità è così necessario?
Si, anzi è ancora più necessario proprio in una fase in cui la domanda di trasporto potrebbe diminuire. Stiamo per affrontare una rivoluzione del settore, consideri che il numero dei passeggeri è sempre aumentano negli anni, non è mai diminuito. Quindi è ancora più necessario articolare l’offerta dei mezzi, proprio per intercettare la nuova domanda di mobilità, cioè non legata al lavoro. Altrimenti, ribadisco, vincerà l’auto.
Con lo smart working non potrebbe invece aumentare la domanda di trasporto pubblico? Per esempio, potrei andare a lavorare in spiaggia la mattina e il parco il pomeriggio e per spostarmi userei i mezzi.
Non sono d’accordo, perché per intercettare la sua domanda di mobilità bisogna prima cambiare il sistema di trasporto. Ad oggi, l’orario dei mezzi è tutto regolato sulle fasce pendolari, cioè su fasce di punta e di morbida, queste ultime in pratica prevedono poche persone che viaggiano e quindi pochi mezzi. Quindi se lei decide di andare a lavorare al parco alle 8 di mattina è un conto, ma se decide di andarci alle 11:00 non ha la stessa offerta di mezzi. Per questo sostengo che il sistema della mobilità deve essere ancora più integrato. Altrimenti, dopo qualche settimana di difficoltà e di lunghe attese per gli spostamenti con mezzi pubblici, ad oggi disorganizzati per permettele di lavorare al parco, in spiaggia, a un bar al centro o a casa di un amico, è probabile che si stresserà e alla fine userà la macchina.
Questo cambio di mobilità è ancora in corso, si riuscirà in tempo a riformare il settore?
È chiaro che questo è uno di quei cambiamenti su cui si può ragionare dopo settembre. Per adesso, dobbiamo mettere in campo tutti gli strumenti per viaggiare in sicurezza, e le norme già ci offrono questa possibilità. A inizio settembre, i lavoratori e gli studenti devono tornare ad avere fiducia sul fatto che si possa viaggiare in sicurezza su un mezzo pubblico. Per il dopo settembre, si ragionerà su come riorganizzare l’intero sistema in base all’evoluzione del turismo e su quanto peserà lo smart-working. Queste trasformazioni sono una occasione che dobbiamo cogliere.
Emanuele Ghiani