C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole? Sul lato della politica e delle istituzioni c’è molto di antico. Non l’auspicato federalismo ma una specie di neo-feudalesimo per cui ognuno vuole essere padrone assoluto a casa propria e accetta di partecipare a una “campagna” nazionale solo in cambio di riconoscimenti più o meno personali: gli amministrati non esistono più, esistono solo gli amministratori. E il Paese torna a essere un vestito di arlecchino in cui ci si ci si divide su tutto: le regole, gli indirizzi, le priorità, i progetti. Non è ancora chiaro chi avrà in mano il portafoglio dei fondi europei ma non si sa cosa sia più auspicabile tra l’accentramento delle competenze di spesa nelle mani dell’ennesimo super-commissario, o la frammentazione delle risorse per regioni, città metropolitane e comuni. La tentazione del Presidente del Consiglio di tenere tutto il potere decisionale nelle proprie mani o la richiesta dei partiti (anche di maggioranza) di dare o togliere ogni giorno la fiducia al Governo. Sarebbe ridicolo per una democrazia normale, è devastante nell’emergenza che stiamo vivendo. Questo è l’antico mascherato di nuovo: l’attenzione ai “social” spacciata per attenzione al “sociale”.
Eppure, guardando “altrove”, fuori dalla politica, si scopre che davvero “sono intorno nate le viole”. Partiamo da qui.
Si è tenuta ad Assisi una 3 giorni on line sull’ “Economia di Francesco” cui hanno partecipato decine di associazioni che in Italia e nel mondo stanno direttamente applicando (non solo chiedendo) un’economia e una finanza diverse da quelle che abbiamo conosciuto negli ultimi due secoli. Un’economia più green e social, certo, ma che limiti il profitto dei singoli a vantaggio di una ricchezza più equamente distribuita. Un messaggio rivoluzionario che si sta diffondendo dall’Amazzonia, all’Africa, all’Europa: sì, anche all’Europa che si illude di poter coniugare sostenibilità e liberismo finanziario. Per cogliere la portata delle giornate di Assisi basta ascoltare il discorso del Francesco contemporaneo http://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2020/11/21/videomessaggio-economyoffrancesco.html
Tra settembre e ottobre si è tenuto il Festival annuale dello Sviluppo Sostenibile, organizzato da ASviS. Ben 800 eventi realizzati in diverse città italiane, seguendo le regole della pandemia, con la partecipazione di tantissime associazioni anche locali che condividono la necessità di accelerare le politiche nazionali e territoriali per la sostenibilità secondo quanto contenuto nell’Agenda Onu 2030. Come sappiamo sono aderenti ad ASviS circa 270 associazioni della società civile (tra cui Cgil, Cisl e Uil, Confindustria, Confartigianato, Confcooperative, Confcommercio, Anci, Arci, Lega Ambiente, Legautonomie, Lega Coop, e molte altre) e circa 200 associati “privati”. Anche in quel Festival si è colta la grande diffusione della rete di soggetti sociali che condividono e vogliono applicare (ciascuno nel proprio campo e nel proprio territorio) le strategie dello sviluppo sostenibile (https://festivalsvilupposostenibile.it/2020).
Il 25 ottobre Riabitare l’Italia, un’associazione nata di recente attorno all’editore Carmine Donzelli e a un gruppo di esperti di problemi del territorio, operatori economici e istituzionali, ha iniziato a diffondere con un seminario on line i contenuti del “Manifesto per riabitare l’Italia”. Un programma che descrive tutte le contraddizioni delle diverse aree che compongono il “Paese reale” e le declina per problemi, risorse, politiche necessarie (https://riabitarelitalia.net/RIABITARE_LITALIA/). Anche in questi seminari colpiscono le diversità culturali degli approcci da un lato, la volontà di porle in un percorso collaborativo dall’altro.
Mentre scriviamo sono ancora on line i 16 giorni di seminari del Forum Disuguaglianze Diversità su temi che spaziano dalla scuola, la salute, le catastrofi naturali, la casa, la mobilità, la crisi ecologica, alla trasformazione digitale, ai giovani, alle donne, alle aree interne, e molto altro. Anche in questo caso il webinar, un grande affresco sui problemi e le potenzialità del Paese, si distingue per la partecipazione di studiosi esperti della materia da un lato e di associazioni che sperimentano politiche originali e alternative su quei temi (https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/open-forumdd-16-giorni-in-diretta).
Di “viole” che fioriscono in questi tempi difficili ce ne sono molte altre sia in ambito nazionale che nei tanti giardini locali: abbiamo solo voluto ricordare le più recenti. Per dire cosa? Che il bilancio è facile da fare: la “società civile” è più ricca e spesso più competente del ceto politico. Un bel problema per un sistema di democrazia parlamentare fondato su partiti (o pseudo movimenti) che non sono radicati nei territori e non riescono più a selezionare una classe dirigente all’altezza delle crisi in atto. Mentre la società civile mostra sempre più di essere un serbatoio di energie da impiegare nel Paese.
Tra la nascita delle tante “viole” e la primavera conclamata tuttavia manca ancora qualcosa.
Manca un catalizzatore che riesca a produrre un’aggregazione delle tante molecole esistenti: una sintesi alta dei contenuti e una robusta rete di azione comune e quotidiana, anche oltre i Festival, per intenderci. Chi può farlo? Io penso che il sindacato dovrebbe provarci a svolgere questo ruolo (anche il sindacato), visto che nessuno lo sta ancora facendo. E per due motivi: primo, perché il sindacato è radicato in centinaia di territori e, se vuole, è in grado di percepire i bisogni sociali, non solo quelli del lavoro; e poi perché il sindacato è in grado di esercitare, sempre se vuole, quella pressione necessaria a smuovere le rugginose ruote dell’amministrazione pubblica. Il sindacato è anche l’unico soggetto rimasto in grado di includere il malessere sociale in un disegno generale di riforma ed evitare che esploda in maniera irrazionale.
Se si concorda su queste considerazioni, il sindacato deve smettere di stare alla finestra (o accontentarsi dell’anticamera della politica) e scendere in campo: aprire le sue sedi territoriali alla società civile e farsi promotore di una nuova forma di rappresentanza generale. Non c’è tempo da perdere.
Gaetano Sateriale