Dopo la benedizione di questa mattina del Papa che ha ribadito la centralità della persona nel lavoro e il lavoro come realizzazione piena dell’uomo, è partito il XVIII della confederazione Italiana Sindacati lavoratori. Si è svolto a Roma, al Palazzo dei Congressi dell’Eur e durerà fino al 1°luglio. Presenti diversi ministri, tra cui Paolo Gentiloni e il capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Il segretario generale Annamaria Furlan ha aperto i lavori con un discorso importante, diretto e con precise indicazioni su quelle che dovrebbero essere le tappe essenziali per risollevare il paese “per la persona e per il lavoro”. Come? Riscoprendo la coesione sociale e rafforzando quella tra le confederazioni.
Furlan inizia concentrandosi sul lavoro ricordando che “è investito da una profonda, incessante trasformazione.” Secondo il leader della Cisl “veniamo da anni nei quali la crisi e la recessione hanno prodotto impatti negativi sul lavoro e sulla sua distribuzione. Abbiamo contato molti posti di lavoro persi e visto il nostro Paese in difficoltà nel rimettere al centro la questione del lavoro come elemento prioritario attorno al quale ricostruire crescita, fiducia, futuro”.
I dati snocciolati dal segretario generale della Cisl sono impietosi: “Dal 2008 al2016 l’industria ha perso 936mila occupati, di cui ben 549mila nel solo settore delle costruzioni), mentre i servizi hanno creato 574mila posti di lavoro in più. Nello stesso periodo si registrano un milione di operai e artigiani in meno, un aumento di 480mila addetti tra il personale non qualificato e ben 752mila addetti nelle attività esecutive di servizi e commercio. Anche la pubblica amministrazione ha perso 230mila posti di lavoro negli ultimi 10 anni e, in particolare, è cresciuta la presenza di lavoro precario, che supera le 450mila unità tra tempo determinato, collaboratori e lavoratori temporanei”.
Secondo Furlan “bastano questi pochi dati per dare la corretta percezione del profondo cambiamento che ha investito le tipologie del lavoro e la composizione stessa del mercato del lavoro. In questo quadro, non è più sufficiente oggi parlare di crisi. Si tratta di un cambiamento che facciamo fatica a interpretare in forme univoche, perché non parla di una sola tendenza, ma di più tendenze in atto, contestuali e polarizzate. Il futuro del lavoro sarà sempre più orientato a maggior qualificazione”.
E’ pertanto necessario “rivedere alcuni paradigmi di fondo del nostro essere e fare sindacato. Possiamo, insieme con le altre parti sociali, mettere in campo politiche che accompagnino la rapida trasformazione in corso”.
E rivolgendosi a Cgil e Uil afferma, ancora Furlan, che per “valorizzare le cose che ci uniscono e lavorare su quelle che ci dividono, con rispetto e chiarezza, e realizzare azioni comuni su terreni come la contrattazione. E’ solo interesse di tutto il mondo sindacale sviluppare e mettere a frutto il tanto lavoro comune che ci ha visto e ogni giorno ci vede impegnati, a partire dai temi della contrattazione e della previdenza che più danno senso al nostro fare”.
Per questo “non abbiamo bisogno di cambiare nome e cognome – aggiunge – perché il futuro richiede un sindacato che si fa interpellare e trova la sintesi nel confronto, pur nelle tante sfaccettature del lavoro e del sociale che dobbiamo affrontare”.
Secondo Furlan “è tempo di passare dal tutelare il lavoratore nel suo posto di lavoro a tutelare il lavoratore in quanto soggetto sociale. Dobbiamo pensare a strumenti non più fruibili solo grazie alla copertura di un determinato contratto, ma che vengano garantiti in tutto il percorso lavorativo”.
Per questo la Cisl propone “la definizione di un piano di potenziamento e qualificazione centrato sul ruolo dei fondi interprofessionali, per coinvolgere quote crescenti di lavoratori in questo processo e qualificare la formazione offerta. Occorre almeno raddoppiare il numero di lavoratori in formazione continua, per l’aumento delle competenze; coinvolgere anche le fasce professionali medio-basse oggi troppo marginali; sostenere le imprese che aumentano l’investimento in formazione; ridare ai fondi interprofessionali certezza e semplificazione gestionale; rilanciare l’istituto delle 150 ore, per potenziare le conoscenze digitali, linguistiche e trasversali. Un grande piano di investimento collettivo, condiviso dalle parti sociali, sul quale incalzare il Governo per ulteriori forme di sostegno – conclude – attivando anche un piano formativo straordinario per il lavoro pubblico”.
E rivolgendosi alla politica afferma “Meno norme e più politiche per il lavoro. Sollecita “interventi pubblici e delle parti sociali per dare gambe alle leggi, ma soprattutto per accompagnarle con quegli strumenti di indirizzo e di sostegno senza i quali le norme si riducono a inutile produzione cartacea”. Sottolinea poi che “il lavoro non può essere ridotto, come spesso avviene, allo scontro tra le diverse tifoserie di sostenitori e detrattori delle varie riforme”.
Secondo la leader sindacale “per anni ci siamo dedicati a interventi di riforma, modifica, adeguamento, ammodernamento del lavoro, fino al recente Jobs act, con la convinzione che tutto questo, da solo, potesse creare posti di lavoro. Alle regole attuali bisogna dare stabilità e, soprattutto, concreta attuazione. Siamo il Paese delle continue riforme del lavoro incomplete per mancanza dei decreti attuativi, dei regolamenti, della modulistica, del complesso corollario tecnico-burocratico”.
Alla politica e alle istituzioni chiede sguardo lungo e maggiore attenzione alle proposte del fronte sindacale, che non mette sul piatto l’interesse di pochi che hanno in mano forti leve economiche, ma di tanti che chiedono solo la dignità di un lavoro e più giustizia sociale”.
“Si può cominciare subito, partendo dalle proposte che abbiamo avanzato sul fisco, sul welfare e sulle diseguaglianze, soprattutto quelle giovanili – dice – perché investire sulle giovani generazioni è il primo dovere se abbiamo davvero a cuore il futuro del nostro Paese. Dobbiamo arrivare a una nuova stagione in cui la centralità della persona, dei suoi bisogni possa trovare risposte adeguate. Nulla è impossibile se tutti mettono in campo il massimo sforzo per il bene comune”.
Sui giovani, infatti, ribadisce Furlan “stiamo compiendo un vero e proprio delitto, con più o meno consapevolezza. Stiamo togliendo il diritto di sognare, di progettare una vita; neghiamo il desiderio stesso di avere una casa, dei figli, dei nipoti; così il futuro muore, si dissolve in un presente che chiude ogni orizzonte di speranza”.
“I dati della drammatica emergenza giovanile sono ormai noti – prosegue – oltre un terzo è la media nazionale della disoccupazione giovanile; nel Sud del Paese il 60%; i giovani che non studiano, non lavorano non sono in formazione, né in tirocini superano abbondantemente i 2 milioni; la percentuale di diplomati e di laureati è molto inferiore alla media europea; i giovani del Sud hanno ripreso ad emigrare al Nord; i giovani del Nord emigrano in Europa, sono laureati, spesso specializzati con master post laurea. Le diseguaglianze sono il risultato di un modello di crescita sperequato, ma le diseguaglianze che colpiscono i giovani ne estremizzano le degenerazioni, perché abbattono ulteriormente ogni prospettiva di crescita. Un Paese che dìssipa i suoi giovani perde se stesso”.
Per questo motivo la Cisl propone da anni una riforma fiscale per una “profonda operazione redistributiva”, che “appare tanto più fondata se consideriamo l’evoluzione storica della tassazione del lavoro dipendente e dei pensionati”. Dal palco del XVIII congresso, la leader della confederazione Annamaria Furlan ricorda che nel 2015 “abbiamo consegnato al Parlamento un disegno di legge di riforma di iniziativa popolare che intendiamo rilanciare”.
“La grancassa populista, inoltre, non tiene affatto conto del reale impatto sul sistema previdenziale, sul welfare e sul sistema Paese nel suo complesso dell’invecchiamento della nostra popolazione non compensata da una proporzionale immigrazione. Si contano ogni giorno quanti immigrati sbarcano sulle nostre coste, ma non si dice quanto contribuiscono con il loro lavoro alle casse dell’Inps o al nostro Pil. L’immigrazione non può più essere considerata una questione emergenziale – prosegue – si tratta di un fenomeno sociale globale, strutturale, di lungo periodo che deve essere governato.
Continua, purtroppo, a mancare una visione strategica, la visione di un patto solidale che definisca, con lealtà e trasparenza, i reciproci doveri di accoglienza, solidarietà, formazione linguistica, culturale, professionale nella prospettiva dell’integrazione, da un lato, e rispetto delle leggi e delle istituzioni del Paese che riceve, dall’altro”.
Secondo Furlan, la politica europea “continua a essere latitante. Il mancato governo del fenomeno lascia spazi sconfinati alle più rozze campagne elettorali. Le transizioni si affrontano con strategie vincenti di lungo periodo nell’interesse del Paese, non con demagogie elettorali che a ogni insuccesso rispondono con proposte contro migranti, rom, poveri e mendicanti. Anche per questo bisogna subito affrontare la legge sullo ius soli, perché quello a cui recentemente abbiamo assistito nelle aule parlamentari è a dir poco vergognoso”.
La Cisl, inoltre, auspica una legge che promuova la partecipazione dei lavoratori al governo dell’impresa, che “darebbe prova di una lungimiranza politica che sollecitiamo e attendiamo da molti anni. Almeno una legge che ne rimuova gli ostacoli giuridici esistenti sarebbe un atto dovuto”. Dal palco del XVIII congresso, la leader della confederazione Annamaria Furlan rilancia il tema della partecipazione agli utili d’impresa che “manca ancora all’appello”.
“Al di là delle diffuse esercitazioni spesso formali sulla responsabilità sociale e ambientale dell’impresa – dice – la partecipazione alla governance resta la cifra distintiva della responsabilità”.
Infine, lancia un appello a Confindustria per “proseguire e completare una prima significativa azione di rilancio del dialogo e delle relazioni industriali”. Dal palco del XVIII congresso della confederazione, Furlan dice che “è sempre più urgente intensificare intese e accordi che portino a risposte concrete ai reciproci bisogni di lavoratori e imprese”.
Secondo la numero uno della Cisl “dobbiamo cambiare i nostri modelli di azione, alzare il tiro e mettere in campo, con senso di responsabilità, proposte concrete e condivise che abbiano al centro il rilancio del Paese in una più ampia visione di bene comune, superando anche tra noi una logica di pressione lobbistica rispetto a una visione complessiva che crea condizioni più vantaggiose per tutti”. Il 4 luglio è comunque in programma un incontro tra il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per cercare di spianare la strada a un accordo sul nuovo sistema di relazioni e sul patto della fabbrica.
Lo scorso anno, ricorda Furlan, ha segnato una “svolta importante” per la contrattazione e per la regolazione sociale. Si sono infatti realizzate da parte del Governo “aperture prima quasi impensabili a sostegno della contrattazione di secondo livello in materia di produttività e welfare aziendale”. Iniziative sindacali unitarie, confronti e accordi interconfederali “ci hanno visto protagonisti di uno sforzo costante per rafforzare la contrattazione nel settore pubblico e nel privato – sottolinea – i risultati del nostro osservatorio sulla contrattazione di secondo livello ci segnalano la progressiva ripresa degli accordi su retribuzioni, orario e welfare aziendale, prevalenti sulle intese per crisi aziendali”.
Insomma, secondo la leader della Cisl, la contrattazione contribuisce alla costruzione di un “patto sociale” che promuove condizioni di coesione sociale per i lavoratori. “Prendiamo atto, con soddisfazione, dei risultati conseguiti e delle prospettive che si sono aperte – prosegue – ma, con realismo, dobbiamo confrontarci anche con gli ostacoli che impediscono di completare la riforma del modello contrattuale e di modernizzare ulteriormente il nostro sistema di relazioni industriali”.
Alessia Pontoriero