Il 20 giugno è stato rinnovato il contratto nazionale di lavoro per il settore orafi, argentieri e gioiellieri, un rinnovo che segue la scia del contratto di Federmeccanica. Sul nuovo accordo, il Diario del Lavoro ha intervistato il segretario nazionale della Fim-Cisl Nicola Alberta.
Alberta, quali sono stati i risultati più rilevanti dell’accordo?
Il percorso con cui si è arrivato alla firma di questo accordo ha avuto un andamento che possiamo definire “a singhiozzo”. La trattativa è infatti partita a fine 2015, ma ha avuto uno stop di parecchi mesi, per poi essere ripresa e conclusa solo quest’anno. È stato un rinnovo lungo e difficile, con la consapevolezza che certi ritardi possono comportare delle difficoltà nell’adeguarsi alle nuove norme, nonché delle ripercussioni negative sulla parte economica del contratto. Su questo ultimo punto, si è provveduto ad effettuare un calcolo consuntivo degli incrementi, basato sull’inflazione dell’anno 2015 e 2016, in modo da tutelare il salario. Inoltre è stata integrata la componente del welfare contrattuale, che se tradizionalmente prevede previdenza complementare e sanità integrativa, da quest’anno contempla anche la presenza dei cosiddetti benefici flessibili, ovvero dei piani che comprendono diversi servizi per i dipendenti, a quote economiche ridotte.
Si tratta di un rinnovo arrivato dopo un vuoto contrattuale di 15 mesi: quali sono stati i nodi critici di questa trattativa?
Affrontare un rinnovo in un settore come quello degli orafi, argentieri e gioiellieri non è mai facile. Infatti, contrariamente a quanto può apparire, questo è un comparto sottoposto ad una forte competizione a livello internazionale, soprattutto con Cina e Stati Uniti. Le aziende devono quindi rivolgere la propria attenzione sia alla qualità sia al design dei prodotti, con un prezzo che permetta la sopravvivenza in un mercato globale ed estremamente competitivo. Un altro aspetto da considerare, rispetto alle criticità che ha in sé la trattativa, è che il contratto degli orafi gravita intorno al “contrattone” di Federmeccanica.
Mi spieghi meglio?
Il contratto di Federmeccanica si è concluso a novembre 2016, per questo i contratti “satellite” hanno subito un ritardo e si sono agganciati ad esso, seguendone la scia. Ciò è valso sia per le associazioni sindacali, ma anche per le associazioni datoriali. Questa dipendenza tra i contratti è visibile soprattutto nella parte relativa al welfare, dove si rilevano alcune somiglianze. Gli aspetti relativi alla sanità integrativa, alla previdenza complementare e ai benefici flessibili sono trattati infatti, nei due contratti, alla stessa maniera, seppur con le dovute differenze: innanzitutto i tempi diversi di decorrenza, ma in particolar modo la contribuzione nella previdenza complementare. Nel contratto di Federmeccanica il contributo che deve versare l’azienda è del 2%, mentre per gli orafi la percentuale si attesta all’1,6%, in linea con la quota della categoria.
Nel contratto si parla di rafforzamento del part-time e dei meccanismi di conciliazione vita-lavoro. In che modalità si è intervenuto su questi aspetti?
Alcune delle novità rilevanti di questo contratto, così come di quello di Federmeccanica, riguardano proprio questi temi. Per quanto riguarda la conciliazione tra vita e lavoro, sostanzialmente vengono regolati meglio i meccanismi che ne rendono possibile la fruizione, attraverso un uso migliore di alcuni strumenti, come i permessi relativi alla legge 104 e le modalità di accesso al part-time, che sono state ridefinite, nonostante le percentuali di coloro che possono usufruirne siano rimaste invariate. Inoltre abbiamo introdotto alcune prassi innovative di lavoro agile e banche del tempo, avendo come punto di riferimento i provvedimenti più recenti, come quello dei lavoratori autonomi e dello smart working.
La questione della conciliazione vita-lavoro infatti determina un quadro molto variegato rispetto alle norme nei vari contratti. Il nostro intento, sul piano contrattuale, è stato migliorare la fruibilità di questi elementi, che rimane ancora molto critica, soprattutto dal punto di vista dell’attuazione concreta all’interno delle aziende.
Altri elementi del contratto?
Per quanto riguarda la formazione, c’è stato un salto di qualità molto importante. Affermare infatti il diritto individuale alla formazione significa, nel contempo, affermare il vincolo che le aziende hanno nel programmare iniziative volte all’arricchimento professionale di tutti i dipendenti. Normalmente, le aziende sono maggiormente orientate a programmare la formazione per le figure professionali ritenute più bisognose, lasciando però indietro una larga parte di lavoratori. È stato calcolato infatti che i processi di formazione coinvolgono, in media, solo il 30% della forza lavoro. Questo contratto, nonostante preveda misure minime in merito, ovvero 8 ore all’anno di formazione e 24 ore nel triennio, mostra, in ogni caso, un segnale forte di cambio culturale. La questione formativa inoltre fa il paio con la revisione e il miglioramento dei meccanismi del diritto allo studio. Le classiche 150 ore state infatti agganciate alla possibilità di utilizzare sia ore retribuite sia non retribuite, per avviare un percorso di studio che possa svolgersi su tutti gli 8 livelli di qualifica europea. L’intento è stato quindi quello di restare al passo con l’evoluzione del diritto allo studio, integrando all’interno del contratto una logica che spazia dalle scuole superiori fino ai master universitari.
Come si colloca questo contratto rispetto all’attuale stato del settore orafo?
Il settore orafo resta legato alle dinamiche economiche generali e al posizionamento competitivo dell’Italia rispetto agli altri paesi, e sta risentendo, in positivo, della crescita, seppur minima. Il fatto di aver realizzato questo rinnovo contrattuale significa anche dare delle risposte alle esigenze del settore stesso, di cui i lavoratori sono la forza. Rispettare, in modo regolare, il ciclo contrattuale, rispondere alle esigenze dei lavoratori, riconoscendone i diritti, vuol dire non solo innescare un circolo virtuoso per costoro, ma anche per l’intero comparto. Il rinnovo di questo contratto, come quello dei metalmeccanici e quello che a breve interesserà la piccola industria, rappresenta un modo serio per rispondere ad un’esigenza di rilancio del settore e dell’occupazione in generale. I nuovi strumenti introdotti rappresentano proprio la risposta e l’adattamento sia alle novità normative che culturali in atto: l’unico segnale positivo può essere il cambiamento e il miglioramento della relazione fra lavoratore e impresa, in senso più partecipativo, con un pieno riconoscimento del ruolo e professionalità della forza lavoro e della posizione delle rappresentanze sindacali, anche nel determinare lo sviluppo delle aziende.
Giorgia Cassiero