Potrebbe ammontare a oltre 4 mila esuberi il ”conto” del nuovo piano industriale dell’Ilva, dopo l’acquisizione da parte di Arcelor Mittal. Lo si evince dal contenuto della Comunicazione inviata dai commissari e dalla stessa societa’ ai sindacati, in vista dell’incontro di lunedi prossimo che dara’ l’avvio alla trattativa tra le parti e il governo sul futuro del gruppo siderurgico.
Il nuovo proprietario dell’Ilva, inoltre, ha manifestato l’intenzione di assumere ex novo circa 10.000 lavoratori, (su un totale di 14.000, il che si traduce in 4.000 esuberi, ndr). L’assunzione, ha spiegato l’azienda, prevede una selezione, previa accettazione delle condizioni aziendali, con sottoscrizione di verbale di conciliazione tombale.
Nel dettaglio 7.600 lavoratori sarebbero impiegati a Taranto, 900 a Genova, 700 a Novi ligure, 160 a Milano, 240 in altri siti, per un totale di 9.600 addetti. A cui aggiungere 45 dirigenti in funzione. A questi numeri si aggiungono i dipendenti francesi delle società Socova e Tillet che rientrano nel perimetro del gruppo. Le controllate sono, nello specifico: Ilva Milano, Genova, Novi Ligure, Racconigi, Taranto, Marghera, Legnaro, Paderno Dugnano – IlvaForm di Salerno, Taranto Energia – Ilva Servizi Marittimi di Genova e Taranto. Per Genova si profila una riduzione durissima, con circa 700 esuberi.
In totale, gli esuberi sarebbero oltre 4 mila. Per la Fiom, pertanto, ” non ci sono le condizioni per avviare una trattativa su queste basi”.
Dal punto di vista contrattuale, AmInvestCo ha dichiarato di non tenere conto della continuità delle condizioni contrattuali dei lavoratori, fornendo su questo capitolo ai sindacati solo una generica disponibilità. Gli assunti avranno un nuovo contratto di lavoro, “rinunciando quindi all’anzianità di servizio e all’integrativo aziendale – ha sottolineato la Fiom – determinando in tal modo un taglio salariale consistente e inaccettabile.” Inoltre, spiega il sindacato, l’azienda è arrivata a ipotizzare anche l’assunzione in aziende esternalizzate controllate. “Se questo è l’atteggiamento di Mittal nei confronti dei lavoratori diretti – sottolinea la Fiom – il rischio è il massacro sociale dei lavoratori dell’indotto”.
AmInvestCo ha dichiarato inoltre la volontà, presente nel Piano industriale, di implementare il piano ambientale, come previsto e approvato dal decreto del Presidente del Consiglio dello scorso 29 settembre scorso. Inoltre, la multinazionale ha sottolineato che ci saranno investimenti per un rapido miglioramento degli impianti e della sua manutenzione, compresi i programmi di investimento per altoforni e acciaierie, oltre l’aumento della produzione dagli attuali livelli a 6 milioni per tonnellata per anno entro il 2018 con il mantenimento di questi livelli fino al 23 agosto 2023 a completamento del piano ambientale, dopo di che ha previsto un aumento della produzione a 8 milioni di tonnellate per anno.
“Se queste sono le condizioni di partenza – ha sottolineato la Fim Cisl – il piede è quello sbagliato. Ci si prospettano presupposti ancora più arretrati rispetto a quanto concordato tra l’acquirente e la gestione commissariale”.
Sindacati di categoria e il Gruppo siederanno intorno a un tavolo lunedì prossimo: l’appuntamento e’ per le 12.00, al ministero dello Sviluppo economico. “Se tale approccio sarà confermato nell’incontro di lunedì – conclude la Fim Cisl – è chiaro che il ricorso alla mobilitazione generale diventerà inevitabile; alcuni stabilimenti inizieranno la mobilitazione già nelle prossime ore”.
E.G.