Annullato prima del suo inizio l’incontro fra Governo, sindacati e AM InvestCo convocato per lunedì 9 ottobre, a Roma, presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico. Incontro il cui scopo avrebbe dovuto essere l’avvio ufficiale della trattativa sul futuro produttivo e occupazionale del gruppo Ilva.
E’ qui appena il caso di ricordare che il 5 giugno scorso il Governo aveva autorizzato i Commissari del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria ad aggiudicare “i complessi aziendali” del gruppo stesso a AM Investco Italy, la cordata formata ad hoc dal colosso franco-indiano dell’acciaio, ArcelorMittal, e dal gruppo siderurgico italiano Marcegaglia. Formalmente, il confronto con i sindacati si era aperto lo scorso 20 luglio, ma, agli effetti pratici, l’incontro quadrangolare tenuto in quella data (quadrangolare perché ad esso avevano partecipato anche i commissari, cui dal 2015 è stata affidata l’amministrazione straordinaria del gruppo Ilva) aveva avuto un carattere preliminare. L’avvio vero e proprio della trattativa era quindi atteso per la metà di settembre.
L’incontro è stato poi messo in calendario per i primi di ottobre. Ma, nonostante che le difficoltà che – a partire da esso – le parti avrebbero dovuto affrontare fossero ben note, ieri i giornalisti non sono stati neppure posti nella condizione di poter ricorrere, nelle loro cronache, alla consueta formula secondo cui “la trattativa parte in salita”. Infatti, non è neppure partita.
Dopo un incontro preliminare tra i rappresentanti del Governo e quelli di AM InvestCo, il ministro Carlo Calenda è uscito dal portone principale del suo ministero, quello che si affaccia su via Veneto, e ha detto ai cronisti presenti che “il tavolo è annullato”. E ciò perché “non è accettabile aprire il tavolo senza garantire le condizioni salariali e contrattuali e gli scatti di anzianità dei lavoratori”. “Come Governo – ha scandito Calenda – non possiamo accettare alcun tipo di passo indietro sulle retribuzioni e sugli scatti acquisiti.” E poco dopo, su Twitter, il Ministro ha specificato: “#ILVA Proposta dell’azienda su salario e inquadramento dei lavoratori irricevibile. Tavolo aggiornato”.
Per comprendere il senso di queste dichiarazioni, bisogna risalire alla fine della settimana scorsa e, per la precisione, alla giornata di venerdì 6 ottobre. In quella data, in vista dell’appuntamento del 9 ottobre, i Commissari del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria e i rappresentanti di AM InvestCo hanno indirizzato una lettera al Governo e ai sindacati con cui veniva ufficialmente comunicata “l’intenzione di procedere all’operazione societaria” già avviata il 28 giugno scorso. Operazione finalizzata all’aquisto, da parte di AM InvestCo, delle diverse società (Ilva, Ilvaform, Taranto Energia e Ilva Servizi Marittimi) che oggi formano il gruppo Ilva.
E fin qui, tutto bene. Solo che poi, dopo aver descritto i programmi di investimento in cui si sostanzia “l’operazione societaria”, vengono le dolenti note. Prima delle quali, la dichiarata intenzione di AM InvestCo di assumere solo 10mila degli oltre 14mila lavoratori oggi in forza al gruppo Ilva. Seconda nota dolente: per ciò che riguarda le condizioni di tali assunzioni, la lettera precisa che resta inteso che “non vi sarà continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto dai dipendenti” con le società del gruppo Ilva. E ciò “neanche in relazione al trattamento economico e all’anzianità”.
Sui problemi occupazionali posti da questa comunicazione torneremo più avanti. Concentriamoci adesso sugli aspetti contrattuali. A quel che si comprende, il progetto condiviso dai Commissari e dal compratore è questo. In primo luogo, i lavoratori destinati ad essere assunti da AM InvestCo vengono licenziati. Contestualmente, vengono riassunti dalla nuova società in base a quanto previsto dai contratti collettivi vigenti (nella stragrande maggioranza dei casi, quello dei metalmeccanici). Ciò porta tre conseguenze. Primo: il trattamento salariale consisterà solo in quanto previsto dal contratto nazionale, con l’azzeramento di quanto derivante dagli accordi aziendali conquistati negli anni dai lavoratori dell’Ilva. Secondo: anche l’anzianità pregressa dei dipendenti Ilva sarà azzerata, con la perdita di quanto derivante dagli scatti di anzianità fino ad oggi accumulati dai singoli lavoratori. In sostanza, i lavoratori riassunti si troveranno a subire una doppia perdita salariale, in parte collettiva e in parte individuale. Perdita che, secondo stime sindacali, potrebbe aggirarsi, per i lavoratori coinvolti, sul 20-30% delle attuali retribuzioni di fatto.
A ciò si aggiunge, però, anche un’altra conseguenza negativa. Come neo-assunti, i futuri dipendenti dei AM InvestCo sarebbero soggetti all’applicazione di tutte le clausole del Jobs Act. In altri termini, perderebbero le tutele previste dal famoso art. 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori per i licenziamenti individuali. Di più: anche gli eventuali licenziamenti collettivi che dovessero riguardarli sarebbero meno onerosi per l’impresa, e quindi, nel caso, più facili.
Infine, sempre secondo la lettera del 6 ottobre, all’atto dell’assunzione in AM InvestCo i lavoratori dovranno firmare un verbale individuale di conciliazione contenente la “rinuncia a far valere nei confronti della stessa AM InvestCo ogni pretesa connessa a qualsiasi titolo ai precedenti rapporti di lavoro intrattenuti con le Società” del gruppo Ilva.
Insomma, non solo meno occupati, ma, per i lavoratori destinati alla riassunzione, meno soldi e meno diritti. Il tutto nell’ambito di un marchingegno legale che sembra essere stato partorito dalla mente di qualche giuslavorista più allo scopo di mettere la futura proprietà in una posizione di forza nei confronti dei suoi futuri dipendenti rispetto a possibili cause civili, che non a conquistare il consenso dei lavoratori che stanno per imbarcarsi in una nuova impresa produttiva.
Ce n’era abbastanza per fare insorgere i sindacati. I quali, infatti, anche se in tempi strettissimi, e alle soglie del week-end, hanno proclamato per ieri una giornata di sciopero in tutto il gruppo Ilva. Sciopero che, con queste premesse, è andato, stando almeno a quanto riferito dagli stessi sindacati, molto bene, se non benissimo.
Le federazioni dei metalmeccanici – Fim, Fiom, Uilm – in un loro comunicato serale, hanno quindi affermato di ritenere che “la decisione del Governo di non procedere all’avvio del negoziato con ArcelorMittal sia soprattutto la conseguenza della mobilitazione che oggi si è tenuta in molti stabilimenti Ilva, registrando una elevatissima adesione da parte dei lavoratori”. Ora è difficile dire quanto le prime notizie mattutine sulla riuscita dell’iniziativa di lotta in corso nei diversi stabilimenti del gruppo – da Taranto, a Genova, da Novi Ligure a Racconigi – abbiano influito sull’atteggiamento del Governo. Fatto sta che, prima dell’orario prefissato per l’appuntamento al Mise, ovvero prima delle 12.00, il ministro Calenda ha incontrato i rappresentanti aziendali e ha loro comunicato che il Governo non condivideva quanto previsto dalla lettera del 6 ottobre rispetto ai trattamenti contrattuali dei lavoratori destinati all’assunzione da parte di AM InvestCo. Al che, i rappresentanti dell’impresa avrebbero espresso l’esigenza di consultare i soci (ArcelorMittal e Marcegaglia) che, nei mesi scorsi, hanno costituito AM InvestCo proprio allo scopo di rilevare il gruppo Ilva. Risultato, come già visto, la sospensione dell’incontro.
Ma non si deve credere che le condizioni contrattuali costituiscano l’unica questione che rende difficile il rapporto fra acquirente e sindacati rispetto alla vicenda Ilva. Il problema dell’occupazione è forse anche più pesante di quello salariale. Infatti, esso porta con se un problema di politica industriale. “Qui si sta giocando il destino industriale del nostro Paese”, ha detto ai giornalisti Maurizio Landini, l’ex leader della Fiom che si era recato al ministero dello Sviluppo economico nella sua nuova veste di segretario confederale della Cgil.
E’ qui appena il caso di ricordare che, inizialmente, AM InvestCo aveva prospettato l’ipotesi di assumere, a regime, circa 8.500 lavoratori sui 14.200 che compongono l’attuale organico di Ilva. Dopo aver scelto AM InvestCo Italy quale gruppo vincente della gara per l’aggiudicazione dell’Ilva in amministrazione straordinaria, il 5 giugno scorso il Governo aveva comunicato di aver assegnato ai commissari il compito di aprire una fase di trattativa con l’aggiudicatario volta a ottenere un “miglioramento dell’offerta sotto il profilo della tutela occupazionale”, prevedendo che “il livello occupazionale riferibile complessivamente al gruppo Ilva sia costituito almeno da 10.000 unità”. E ciò “tenendo conto che l’accordo sindacale” potrà “incrementare” tale livello.
Par di capire, insomma, che per il Governo il fatto che AM InvestCo sia passata dal progetto originario di assumere 8.480 lavoratori all’impegno odierno di assumerne 10.000 sia motivo di soddisfazione. Anche perché, dal suo punto di vista, nulla osta a che, nella trattativa tra aggiudicatario e sindacati, tale cifra possa essere ulteriormente elevata. Questo però, al momento, non sarebbe più affare del Governo ma, appunto, delle parti. All’opposto, per i sindacati “rimangono del tutto inaccettabili e ingiustificati i 4.000 esuberi, a cui si devono aggiungere tutti quelli che fanno parte delle attività dell’indotto”.
Lo scontro fra sindacati e acquirente è dunque frontale, con il Governo che, rispetto a uno dei due problemi principali, quello dei diritti pregressi dei lavoratori destinati a passare nella nuova proprietà, ha assunto una posizione che, obiettivamente, è molto più vicina a quella dei sindacati che non a quella dell’azienda. Laddove, con “azienda”, anche nel citato tweet di Calenda, non si deve intendere solo AM InvestCo ma, par di capire, anche la gestione commissariale dell’Ilva. E questo, per i sindacati, è già un punto di forza.
Va detto, però, che i sindacati sembrano poter contare su altri due punti di forza: uno di natura giuridica e l’altro di natura politica.
Cominciamo dal primo. L’articolo 47 della legge 2112, relativo alle cessioni di ramo d’azienda, stabilisce che l’accordo con i sindacati sia vincolante qualora la parte acquirente intenda modificare il numero degli addetti e/o i loro trattamenti retributivi. E questo è, appunto, il nostro caso, visto che AM InvestCo intende ridurre sia gli occupati che le loro retribuzioni. Non per caso, nella citata lettera del 6 ottobre, la stipula di “un accordo sindacale di contenuto coerente con il Piano industriale di AM InvestCo” è citata come una delle condizioni che vanno soddisfatte per perfezionare l’operazione industriale dell’acquisto del gruppo Ilva.
E veniamo al secondo. E’ del tutto evidente che il nostro Paese si trova ormai in una campagna elettorale destinata a prolungarsi per alcuni mesi e a diventare piuttosto aspra. Difficilmente le forze politiche potranno quindi restare insensibili di fronte ai cortei che attraverseranno città importanti come Genova e Taranto.
A rigor di logica, la prossima mossa spetta adesso ad AM InvestCo e ai suoi soci fondatori, ovvero ArcelorMittal e Marcegaglia.
@Fernando_Liuzzi