Raffaella Vitulano
L’ approvazione della riforma delle pensioni da parte della camera dei Laender, venerdì scorso, ha rappresentato sicuramente un’ altra vittoria politica per la coalizione.
Il Cancelliere Schroeder è riuscito a superare di nuovo, dopo le vicissitudini della riforma fiscale, anche quelle legate a questa seconda grande riforma, come previsto, prima delle ferie estive. A soli due anni e mezzo dalle sue elezioni il governo di Berlino è riuscito pertanto a rivoluzionare il sistema sociale e fiscale tedesco in molti punti.
Questa volta, infatti, la legge sulle pensioni non si limita, come in passato, ad adottare delle misure per riparare i buchi provocati dai problemi demografici, dalla disoccupazione e dal lavoro atipico. La nuova normativa introduce, per la prima volta in Germania, una “terza colonna” portante del sistema previdenziale, quello dell’ assicurazione privata, lasciata alla responsabilità di ogni cittadino, ma sostenuta, come la previdenza aziendale, generosamente dallo Stato.
Anche le banche e le assicurazioni si rallegrano delle nuove prospettive e si è giá scatenata a livello internazionale la competizione per la conquista di una fetta del magabusiness dei fondi pensione in Germania. Secondo il Cancelliere e l’ autore della riforma, il ministro del lavoro e degli affari sociali, Walter Riester, la nuova normativa rappresenta un grosso vantaggio soprattutto per i contribuenti e i pensionati. In realtà, all’ origine, il progetto era stato concepito come una grossa svolta sociale a favore delle nuove generazioni, ma le modifiche apportate sotto la pressione dell’ opposizione e dei vari gruppi d’ interesse hanno finito per deformare il tutto.
Teoricamente, le pensioni avrebbero dovuto essere sensibilmente decurtate, per poter consentire di mantenere i contributi al di sotto del 19 % e alleggerire il peso sul lavoro.
Ma col sostegno dello Stato, i lavoratori e anche le madri di famiglia avrebbero potuto compensare i tagli con l’ assicurazione privata. Di fatto, sotto la pressione dei sindacati i tagli sono stati inferiori a quanto era stato previsto. L’ entrata in vigore delle misure è stata rinviata di un anno (dopo le prossime elezioni) e l’ opposizione ha imposto a Riester nuove complicazioni per introdurre l’ acquisto della casa nel nuovo sistema previdenziale.
La nuova versione viene a costare piú cara ai contribuenti, almeno 3 miliardi di marchi in piú ogni anno, il che corrisponde a una quota di contributi piú elevata dello 0, 2 %.
A rallegrarsi sono soprattutto le banche e le assicurazioni. Si calcola infatti che entro la fine del decennio le famiglie tedesche avranno accumulato nei fondi pensione un capitale di oltre 700 miliardi di marchi, corrispondente al 20 % del pil della Rft.
Non c’ è da stupirsi pertanto che anche i sindacati che all’ inizio erano stati i piú critici verso la riforma, considerata una rottura nella tradizione sociale del paese, abbiano deciso di partecipare alla spartizione della torta.
Tra le organizzazioni di categoria si è scatenata la corsa alla creazione di nuovi sistemi retributivi, che prevedono una somma da versare nei fondi aziendali.
In base a questo principio, i sindacati e i datori di lavoro creeranno insieme un proprio fondo nel quale verranno versati i contributi , come risultati di volta in volta dalle trattative sul contratto di lavoro, e uniranno a questi i contributi dello Stato. La somma verrá gestita dalle imprese stesse e dai rappresentanti sindacali direttamente, o da banche o assicurazioni e verrá investita sui mercati. Anche gli imprenditori, che in passato avevano sempre rifiutato tale modello, si sono precipitati ora a concordarne le formalitá con i sindacati, nel timore di perdere i vantaggi finanziari a favore di banche e assicurazioni.
La riforma previdenziale tedesca è in linea con quella che è stata già fatta in Italia negli anni passati. Lo dicono concordi i sindacati italiani, secondo i quali il nostro Paese ha anticipato la Germania con la riforma delle pensioni del ’95, più nota come legge Dini, sulla quale entro quest’anno dovrà essere fatta la verifica.
Per il segretario generale del sindacato dei pensionati della Cgil (Spi), Raffaele Minelli, “è stato recuperato il ritardo rispetto all’Italia”. Anche la Germania – a parere del segretario confederale della Uil, Paolo Pirani – “si è così allineata ad un sistema previdenziale che tiene conto delle mutate condizioni anagrafiche della forza lavoro. In Italia già ci siamo affrettati per tempo”. “La riforma tedesca – dice il segretario confederale della Cisl, Lia Ghisani – è sulla scia del riordino previdenziale avvenuto in Italia cinque anni fa. In Germania la scelta del secondo pilastro del sistema previdenziale avviene con ritardo, tuttavia, una volta compita, il governo si è reso conto che per farla decollare era necessario prevedere incentivi fiscali per i fondi pensione” (circa 20 miliardi di marchi l’anno). Per Ghisani, poi, anche in Germania la riforma dovrà necessariamente essere graduale. “Una riforma previdenziale – conclude la sindacalista – deve esserlo per sua natura”.