Raffaella Vitulano
La promozione del “lavoro decoroso”, il lavoro forzato (soprattutto in Birmania), la riduzione degli incidenti sul lavoro nel settore agricolo e la promozione delle cooperative quale strumento per favorire la creazione di nuovi impieghi, la crescita economica e lo sviluppo sociale costituiscono i temi al centro della ottantanovesima Conferenza annuale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) cominciata ufficialmente ieri a Ginevra ed in programma fino al 21 giugno. All’incontro partecipano le delegazioni dei 175 paesi membri, composte da rappresentanti dei governi, dei datori di lavoro e dei sindacati.
“La mancanza di lavoro decoroso rappresenta la grande frattura dell’economia mondiale”, ha affermato il direttore generale Juan Somavia denunciando nel suo rapporto alla Conferenza “il miliardo di sottoccupati nel mondo, le nuove forme di schiavitù e lo sfruttamento minorile”.
Secondo l’Oil, nel mondo i disoccupati dichiarati sono 160 milioni, ma se si considerano anche i sottoccupati, si sale ad un miliardo. Su cento lavoratori nel mondo, sei sono totalmente disoccupati e altri 16 non guadagnano abbastanza per mantenere la famiglia sopra la soglia di povertà. Inoltre l’80% dei lavoratori non beneficiano di una protezione sociale sufficiente.
Un terzo dei 3 miliardi di persone che costituiscono la popolazione attiva mondiale è dunque senza lavoro o sottoccupato, e di conseguenza l’economia mondiale – per l’Oil – dovrà almeno mantenere il suo attuale ritmo di crescita se si vogliono creare i 500 milioni di posti di lavoro necessari a soddisfare, nei prossimi 10 anni, la nuova domanda di occupazione. L’unica eccezione è al momento rappresentata dai paesi Ocse “dove le percentuali di disoccupazione sono scese e dove i senza lavoro di lunga durata sono diminuiti dal 35% al 31%”. Sempre nei paesi Ocse, poi, è aumentato il part time (dal 14% al 16% tra il 1990 e il 1999), ed è cresciuto anche il peso dei contratti a termine nell’Ue dal 10% al 12%. Mentre nel mondo lavoro autonomo cresce a una velocità maggiore rispetto al lavoro dipendente. Il dato medio resta intorno al 12% (ma è pari al 7% negli Stati Uniti e al 23% in Italia, inferiore solo al 25% della Turchia, Corea e alcuni paesi dell’America Latina).
Per Somavia, promuovere il lavoro decoroso “è la migliore via per ridurre la povertà e donare all’economia mondiale maggiore legittimità. La settimana prossima, il 12 giugno, sarà lanciato ufficialmente il programma di sradicamento del lavoro minorile, nel quadro del quale Tanzania, Nepal e Salvador si sono impegnati ad eliminare entro dieci anni tale forma di sfruttamento.
Il 15 giugno, durante una seduta speciale della conferenza, i delegati discuteranno di un rapporto globale sull’eliminazione di tutte le forma di lavoro forzato o obbligatorio. Secondo un dossier, il lavoro forzato, la schiavitù e il traffico criminale di esseri umani – in particolare di donne e bambini – sono fenomeni sempre più frequenti nel mondo ed assumono forme sempre più insidiose.
Quanto alla salute e sicurezza, altro tema di dibattito, l’agricoltura è una delle tre attività più pericolose insieme all’industria estrattiva e delle costruzioni, nei paesi in via di sviluppo come in quelli industrializzati. Secondo le stime dell’Oil, su un totale di 335 mila incidenti mortali sui luoghi di lavoro nel mondo, sono 170 mila quelli che colpiscono lavoratori agricoli. Su 1,3 miliardi di lavoratori agricoli nel mondo, molti sono vittime di gravi incidenti sul lavoro dovuti all’utilizzo di macchinari o all’intossicazione da pesticidi ed altri prodotti chimici agricoli.
Sul fronte delle cooperative, l’Oil ricorda che queste ultime giocano un ruolo sempre più importante a livello mondiale. Che si tratti di organizzazioni di piccola taglia o con cifre d’affari di molti milioni di dollari, queste impiegano più di 100 milioni di uomini e donne e contano su oltre 800 milioni di soci.
Infine, la sicurezza sociale: nell’Africa subsahariana e nell’Asia del sud si stima ad esempio che il regime legale della sicurezza sociale non copra che il 5-10% della popolazione attiva. Nella maggior parte dei paesi industrializzati la copertura è vicina al 100%, ma per l’Oil solo il 20% dei lavoratori nel mondo beneficia oggi di copertura sociale.