di Paolo Nerozzi – Segretario confederale Cgil
Tra le tante conseguenze nefaste della firma del Patto per l’Italia – che mette a repentaglio, in cambio di modestissime concessioni, l’intero sistema dei diritti – ne vorrei affrontare soprattutto una. Con la firma dell’intesa, Cisl, Uil e le altre organizzazioni hanno, di fatto, accettato le indicazioni dell’Esecutivo sugli obiettivi di crescita economica e i tassi di inflazione programmata. In pratica, chi ha siglato quel Patto di fatto ha espresso un’adesione alle scelte di politica economica del Governo, che a loro volta (attraverso le misure indicate nell’accordo, a cominciare dalla delega fiscale) mettono in discussione l’intero assetto della politica dei redditi.
Si giunge a una situazione paradossale: il Parlamento, approvando il Dpef, di fatto approva anche l’accordo con le parti sociali, che quel Dpef incorpora. Una situazione che comporta sia una lesione delle prerogative
delle Camere che lo snaturamento delle parti sociali in una funzione semi-istituzionale evidentemente impropria.
In autunno verranno compiutamente alla luce tutte le contraddizioni aperte da un accordo sbagliato e negativo. La prima riguarda la previdenza: l’affermazione – generica e vaga – contenuta nell’accordo che la spesa sociale non verrà toccata non è affatto una garanzia, perché senza un adeguamento all’inflazione e all’incremento del Pil si avrà automaticamente una diminuzione delle risorse stanziate per le pensioni, l’assistenza, la sanità.
Una seconda contraddizione riguarda il metodo concertativo e la contrattazione. Visto che il Governo ha stabilito un tasso di inflazione programmata non realistico, e venendo ovviamente meno la politica dei
redditi, non è possibile per il sindacato accettare un taglio del potere d’acquisto dei salari e una drastica redistribuzione a favore delle imprese.
Tutto questo non potrà non influire sui rinnovi contrattuali che verranno avviati in autunno. Vedremo se sul Welfare e sulla contrattazione sarà possibile costruire piattaforme sindacali unitarie.
Il Patto per l’Italia apre, però, anche una terza questione: quella della rappresentanza. La novità delle lotte di questi ultimi mesi è la forte presenza di moltissimi ragazzi e ragazze, le nuove leve del lavoro, che
chiedono di essere ascoltati e dire la loro. Si pone un grave problema di democrazia: Cisl e Uil dicono no alla richiesta Cgil di consentire ai lavoratori di votare sull’accordo separato, e a questo punto è evidente che
si deve tornare a parlare dell’applicazione dell’art. 39 della Costituzione sull’attività sindacale, introdotto nel pubblico impiego – ma non nel privato – con la legge D’Antona sulla rappresentanza. Questo sarà un’altro terreno di discussione, assieme ai contratti e alla difesa del Welfare, da affrontare in autunno e che il Patto ci riconsegna.