Angelo Stango – Responsabile relazioni industriali Merloni Elettrodomestici
Lo sciopero del 15 novembre indetto dai metalmeccanici a sostegno della vertenza Fiat induce ad una riflessione che va oltre la vertenza specifica. Infatti appare fuorviante limitare la problematica ad una grande impresa o ad un settore della grande impresa o a tutto il sistema delle grandi imprese. Oggi tutta l’impresa, nel senso più ampio del termine, è così interconessa che, a puntare l’attenzione su di un solo aspetto, si finisce per curare il proprio orticello, gestire la particolarità del momento rinunciando a quella proattività progettuale che consente di gestire l’insieme.
Probabilmente sarebbe più costruttivo, preliminarmente, da parte dei vari attori sociali, interrogarsi sullo stato delle attuali relazioni industriali. Oggi le relazioni industriali languono, in esse si sono infiltrati tanti corpi estranei, spesso si sono estraniate dal mondo esterno, venendo meno al loro ruolo di supporto e di stimolo tra le parti sociali, per una maggior crescita della produttività e quindi dell’occupazione e del benessere sociale.
Questo stato di cose ha portato ad un arroccamento delle singole posizioni, a corporativizzare i singoli interessi, a chiudersi in se stessi, all’affannosa ricerca delle “garanzie”, delle “regole”, dell’ “esigibilità”, tutte cose in contraddizione con le buone relazioni industriali, basate sulla fiducia, sulla trasparenza, sull’innovazione, sul mettersi continuamente in gioco.
Siamo sicuramente in una fase di transizione, la società è in continua evoluzione, le aziende sempre più debbono confrontarsi in un contesto internazionale, di conseguenza le relazioni industriali si debbono adeguare, schemi che in passato hanno prodotto ottimi frutti oggi sono inadeguati e coinvolgere le parti sociali in tale cambiamento non è né semplice né immediato.
Forse iniziando da cose semplici e comprensibili, quali il riconoscimento da parte datoriale del ruolo del sindacato e da parte sindacale il riconoscimento che le imprese nascono per fare utili o che il salario non è una variabile indipendente, sarebbe un ottimo avvio per un dialogo costruttivo.
Ma anche la fase di transizione va gestita, ed il caso Fiat è di quelli che procurano un impatto sociale, emotivo, finanziario, e come tale va affrontato. Ma sarebbe sicuramente un’occasione sprecata se non venisse coinvolta sia la grande industria, che in questo periodo sta vivendo un momento non brillante, che tutto il tessuto industriale, per mettere in atto iniziative, idee, progetti, con un’ampia base di consenso, per uno sviluppo industriale del Paese sempre più spinto.