Il 31 dicembre 2008 è scaduta la concessione ventennale alla Tirrenia. Prima che scadesse la convenzione le sigle sindacali, con assoluta identità di vedute, ne hanno chiesto una proroga di 4 anni per predisporre un piano industriale che preparasse la privatizzazione. Questo piano, inizialmente approvato dal Cipe qualche settimana prima della caduta del vecchio Governo, non è stato preso in considerazione dal nuovo Esecutivo, che ha ritenuto di accelerare la fase di privatizzazione.
Giuseppe Caronia, segretario generale della Uil trasporti, è possibile privatizzare la Tirrenia?
Non abbiamo pregiudizi ideologici rispetto alla privatizzazione, ma non capiamo il senso di attuarla in questo momento di crisi.
Le privatizzazioni si fanno solo quando l’economia tira?
Il fatto è che l’azienda è sana e non è vero come sostengono alcuni che ci sono delle similitudini con Alitalia. La crisi però ha abbassato notevolmente il valore della flotta, per questo vendere ora Tirrenia sarebbe una follia e porterebbe solo a disperdere un patrimonio. Chi la comprerà in questo momento farà l’affare del secolo. Questa è la nostra prima preoccupazione ancor prima delle garanzie occupazionali.
Quali potrebbero essere le conseguenze?
Un indebolimento per il Sud dal punto di vista delle garanzie occupazionali e salariali, perché Tirrenia è la più grossa industria del Meridione, considerando tutto l’indotto. Inoltre aumenteranno i costi dei servizi a causa delle compensazioni, nel senso che alcune attività sono di tipo sociale e non trovano un riscontro economico.
Voi cosa avete proposto?
Chiediamo interventi di razionalizzazione che operino attraverso trasferimenti alle Regioni, permettendo così di migliorare i servizi all’utenza. Inoltre, rispetto alle sovvenzioni stanziate, che per quest’anno sono state di 179 milioni rispetto a 210 milioni di euro degli anni precedenti, la nostra proposta è di recuperare la differenza non tagliando linee e servizi, ma intervenendo con una serie di accorgimenti nei servizi integrativi e affini, in modo da non aver conseguenze sul piano occupazionale.
Cosa rimproverate al Governo?
Di aver disposto la proroga della concessione per un solo anno, scaduto il quale si dovrà procedere alla privatizzazione. Un anno non è sufficiente e poi si parla di uno smobilizzo al 100% del pacchetto, mentre invece sarebbe necessario che lo Stato mantenga un pacchetto di azioni, seppur di minoranza, per avere un ruolo nelle decisioni relative alle attività di servizio pubbliche. Il Governo ha subito la pressione dell’Unione europea, ma la scelta della privatizzazione è di competenza del Governo e non dell’Ue che non ha nessun potere di imporre una privatizzazione e inoltre non vieta nessun tipo di sovvenzione.
Ora però è stato fissato un tavolo di confronto con i sindacati.
Sì, l’incontro in programma con il Governo il 13 maggio è un primo passo.
Cosa chiederete?
Noi vogliamo ripartire dall’inizio. Perché la privatizzazione, con quali tempi e quali metodologie. Perché il pericolo è che non si trovi un solo acquirente, ma si finisca per spezzettare l’azienda in tante piccole tratte, che potrebbero interessare operatori locali, i quali tutti assieme potrebbero poi costituire un cartello.
Non funzionerebbe?
Dipende. Comunque l’esistenza di vettori pubblici e privati nei fatti abbassa il costo del trasporto. Se venisse a mancare l’armamento pubblico l’equilibrio sarebbe alterato.
8 maggio 2009
Francesca Romana Nesci