Il 20 novembre 1989 a NY fu firmata la Convenzione Internazionale per la difesa dei diritti dell’infanzia, ben delineata nei 54 articoli che la compongono. Successivamente 194 Stati l’hanno ratificata e l’Italia nel 1991 fu tra i primi che l’assunse, con la legge del 27 maggio 1991 n. 176, Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, pubblicata nella G.U. 11 giugno 1991, n. 135, S.O. Per garantire il rispetto dei diritti enunciati nella Convenzione, nella parte seconda è stato istituito un Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia. Il Comitato ha il compito di esaminare i progressi dei vari Stati nella messa in pratica degli obblighi sanciti dalla Convenzione. Secondo il Rapporto che il Comitato redige, è argomentato giuridicamente l’assunto secondo cui le violazioni più gravi sui bambini costituiscono una grave trasgressione delle norme di diritto internazionale applicabile ai conflitti armati, ossia il diritto e le norme a tutela dei diritti umani. Il mandato del Rappresentante Speciale è l’affermazione, come obbligo morale della comunità internazionale, della necessità di tutelare e vigilare sul rispetto dei diritti dei bambini e far cessare l’impunità che segue la commissione di tali crimini.
Le violazioni più gravi vengono commesse nei contesti di conflitto. Secondo le stime di Save the Children, sono 420 milioni i bambini che oggi vivono in zone di guerra. In particolare, l’Asia è il continente dove il maggior numero di bambini – circa 195 milioni – vive in aree di conflitto, seguita dall’Africa – 152 milioni. Un dato preoccupante riguarda il Medio Oriente: il 40 % dei bambini conosce la guerra fin dalla nascita. Oggi, a 30 anni dall’adozione della Convenzione, si registrano dei progressi significativi sulla condizione dei bambini nel mondo (fonte Global Childhood Report 2019 di Save the Children). A proposito di matrimoni forzati e spose bambine, il numero è sceso di 10 milioni (47 milioni del 2000, 37 milioni nel 2017) e quello delle gravidanze precoci di 3 milioni (16 milioni registrate nel 2000, 13 milioni nel 2016).
Inoltre, è importante evidenziare che, rispetto a 20 anni fa, le morti infantili sono diminuite di 4,4 milioni all’anno (da 9,8 a 5,4 milioni); il numero di bambini affetti da malnutrizione è sceso di 49 milioni (dai 198 milioni di casi registrati nel 2000 agli attuali 149 milioni); 115 milioni di bambini in più hanno avuto accesso all’istruzione (si è passato dal 74% di accesso all’istruzione del 2000 all’attuale 82%) e 94 milioni di bambini in meno sono coinvolti in lavori minorili (246 milioni nel 2000, 152 milioni nel 2016).Ad oggi, i maggiori progressi in termini di tutela dell’infanzia si registrano in Sierra Leone, Ruanda, Etiopia e Niger, mentre i paesi più a misura di bambino sono Singapore, Svezia e Finlandia, con l’Italia all’ottavo posto.
Nel 1997 in Italia è stato istituito l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza insieme alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, dalla legge 451/1997 ed è attualmente regolato dal DPR 14 maggio 2007 n. 103 che ne affida la presidenza congiunta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro con delega per le politiche della famiglia. L’osservatorio coordina amministrazioni centrali, Regioni, enti locali, associazioni, ordini professionali e organizzazioni non governative che si occupano di infanzia. L’Osservatorio nazionale ha il compito di predisporre documenti ufficiali relativi all’infanzia e all’adolescenza: il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, elaborato ogni due anni con l’obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e di rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo.
Il Piano nazionale, acquisito il parere obbligatorio della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, è approvato dal Consiglio dei ministri, adottato con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale la Relazione Biennale sulla condizione dell’infanzia in Italia e sull’attuazione dei relativi diritti Lo schema del Rapporto del Governo all’ONU sull’applicazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989, alle scadenze indicate all’art. 44 della Convenzione.
Negli ultimi 10 anni i minori vittima di violenza sono aumentati del 43%. Un numero che preoccupa e che mostra tutta il lavoro che c’è da fare per arginare i reati contro i più vulnerabili. Il dato più allarmante è quello legato alla pedopornografia: nel 2017 gli arresti per detenzione di materiale pedopornografico sono aumentati del 57%. Per alcuni reati come la violenza sessuale, la pornografia minorile e la tratta di esseri umani le vittime sono soprattutto di sesso femminile. Ma a mietere il maggior numero di vittime sono i maltrattamenti familiari. Solo nel 2017, ben 1.723 bambini sono stati molestati all’interno delle mura domestiche. Grave anche il dato che riguarda le gravidanze precoci. Più di 1.500 le madri minorenni, perlopiù italiane: tra queste 11 hanno meno di 15 anni. Sicilia e Campania sono le regioni con maggior incidenza seguite da Lombardia e Lazio. Spesso queste giovani lasciano agli studi compromettendo così la possibilità di raggiungere una posizione lavorativa altamente specializzata. Per la prima volta il dossier si è occupato di una forma di sfruttamento che si cela dietro le luci della ribalta. In Italia infatti sono più di 2.000 i bambini che fanno parte dello showbiz, un mondo che in alcuni casi documentati da TdH, grava sul sereno sviluppo dei più piccoli.
Crisi economica, diminuzione degli strumenti di protezione sociale. Sono queste le cause che hanno portato in 12 anni all’aumento vertiginoso delle persone che vivono in condizioni di povertà assoluta, ovvero non potendo sostenere le spese per uno stile di vita accettabile. I numeri non lasciano spazio a ottimismo: dal 2005 gli indigenti sono passati dal 3,3 all’8,4% della popolazione italiana. A risentire maggiormente delle difficoltà economiche sono i più giovani. Stando ai dati, gli under 18 che vivono in povertà estrema sono più numerosi rispetto alle altre fasce d’età. In un decennio l’impoverimento delle famiglie con figli ha portato all’incremento di bambini e ragazzi indigenti. A questo aumento si affianca un altro trend: il numero degli over 65 in condizioni di povertà è rimasto pressoché stabile, attorno al 4,5%, dal 2005 ad oggi.
Ad aumentare è anche il divario tra le varie fasce d’età. Se i livelli precrisi vedevano una distanza di 2 punti percentuali tra la fascia d’età più povera e quella più benestante, oggi la forbice si sta allargando: più l’età cresce, più la ricchezza aumenta con distanze che toccano gli 8 punti percentuale. Secondo il rapporto: “L’aumento della povertà infantile è stato collegato a fenomeni che minano la coesione sociale: mancato sviluppo personale e cognitivo, difficoltà nel trovare un’occupazione stabile , maggiore dipendenza dall’assistenza sociale e un più elevato rischio di dipendenze”. La distribuzione dei minori italiani che rappresentano il 16% della popolazione varia profondamente in base alle diverse aree geografiche. Alcune regioni come Trentino-Alto Adige e Campania sono al di sopra della media nazionale, mentre in Liguria e Sardegna la percentuale è ben al di sotto con tassi inferiori al 14%. Significativa anche le forti differenze che esistono tra le diverse città. Capofila per numero di under 18 sono tre città del meridione: Napoli, Palermo e Catania dove si stima che i minorenni rappresentino più del 17% della popolazione residente. Le tre città sono anche quelle con il più alto tasso di vulnerabilità sociale. Al quarto posto delle città con maggior concentrazione di minorenni c’è Roma. È proprio nelle periferie che cresce il pericolo di vulnerabilità sociale e materiale.
Da sottolineare il fatto dell’istituzione dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza – avvenuta ad opera della legge n. 112 del 12 luglio 2011 che la descrive quale figura specificatamente deputata ad operare per assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi di bambini e adolescenti – che costituisce per la Repubblica italiana un progresso, nel novembre 2011 sia stato nominato il Garante nazionale dà concretezza alla scelta del nostro Stato di dotarsi, finalmente, di quello che è considerato, a livello internazionale, uno degli strumenti più importanti per la protezione dei diritti e degli interessi delle persone di minore età. Peraltro, con questa legge si è anche dato “nuovo smalto” a quanto sancito, già nel 1947, nella Carta costituzionale la quale, al secondo comma dell’art. 31, stabilisce che la Repubblica “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
Significativamente il primo articolo della legge n. 112/2011 indica, come sua principale finalità, l’attuazione della Convenzione Onu del 1989 e di altre convenzioni internazionali di protezione dell’infanzia. Con questi organismi già operativi dovremmo sicuramente essere molto più incisivi di quello che siamo visti i deludenti risultati della tutela dei diritti dei nostri bambini e adolescenti.
Alessandra Servidori